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venerdì 29 aprile 2011
Recupero e macerie a Fukushima
27 APRILE 2011
Le operazioni di recupero hanno proseguito in linea con questi ultimi giorni a Fukushima Daiichi, mentre una mappa macerie ha dimostrato di essere la principale fonte di radiazioni per i lavoratori in loco.
Le quattro unità naufragata presso la centrale merlato rimangono nelle stesse condizioni relativamente stabili come hanno fatto per circa un mese. Avendo perso le funzioni di raffreddamento e continuato a subire danni significativi core, le unità 2 e 3 richiedono Tokyo Electric Power Company (TEPCO) per continuare l'iniezione di acqua dolce al ritmo di 6,8 metri cubi all'ora.
Il tasso di iniezione di acqua a unità 1 è leggermente più lento a 6,1 metri cubi all'ora. TEPCO è anche iniettando azoto nel sistema reattore per ridurre la probabilità di un ulteriore esplosioni di idrogeno. Più di 12.400 metri cubi di gas è stato iniettato - più del doppio dell'importo originariamente previsto. TEPCO ha detto che ha deciso di continuare l'operazione per ridurre ulteriormente i rischi.
Unità 1 rimane il più difficile dei tre. danno Core stimata al 70% può essere inibire il flusso di acqua di raffreddamento, il conseguente innalzamento delle temperature e pressioni.
Un test sarà effettuata domani, alle unità 1 per determinare i parametri del sistema vero reattore, i sensori per alcuni dei quali possono essere state danneggiate durante la sequenza di incidenti. TEPCO temporaneamente aumentare la velocità di iniezione di acqua 6,1-14 metri cubi all'ora e osservare i cambiamenti nei livelli delle acque del reattore, pressione e temperatura, nonché primario di pressione vaso di contenimento.
Fukushima rubble clearing
Patch di macerie come questo sono la principale fonte di radiazioni in loco.
operazioni di controllo a distanza per eliminarli su 56 hanno riempito i contenitori di grandi dimensioni
operazioni di iniezione d'acqua sono alimentati da approvvigionamenti esterni dalla rete e le connessioni che supportano questo sono stati incrociati. Potenza per le unità 3 e 4 possono ora essere indirizzate a unità 5 e 6 e viceversa, che consentirebbe TEPCO di interruttore di alimentazione tra le coppie a turno per mantenere le funzioni essenziali dovrebbe essere il sito parzialmente disconnesso dalla rete o ancora hanno problemi con i generatori diesel . A parte il collegamento per le unità 3 e 4 deve essere aggiornato da 6 kV a 66 kV in un progetto di quattro giorni.
Radiazione mappa
Un sondaggio dei tassi di dose di radiazione presso il sito ha rivelato la più alta di venire da detriti rimasti sul terreno dopo le esplosioni a unità da 1 a 4. Alcune macerie accanto unità 3 sta dando il più alto tasso di dose di circa 300 millisievert per ora, mentre le patch e altri detriti sono a 30-40 millisievert per ora.
Più in generale, i tassi di dose ai bordi del sito sono meno dello 0,6 millisievert per ora e ad aumentare verso il centro dove si va fino a circa 10 millisievert per ora. Tuttavia, ci sono numerose e diverse piccole aree con tassi di dose più alta ovunque tra 15 e 60 millisievert per ora.
Tubi di trasferimento dell'acqua in prossimità unità 2 e il trattamento dei rifiuti struttura caratteristica alti tassi di superficie dose di 75-160 millisievert per ora in vari punti. I livelli in aria nelle vicinanze sono inferiori a 4,9-20 millisievert per ora.
acqua altamente contaminata è pompato dal seminterrato di unità 2 della costruzione della turbina, con circa 1700 metri cubi trasferiti finora.
Esposizioni
Durante l'analisi delle dosi di radiazione ogni lavoratore durante l'emergenza, TEPCO ha rivelato che un lavoratore di sesso femminile ha ricevuto 17,55 millisievert durante il suo tempo nella costruzione antisismiche del sito e durante il lavoro. Questo è al di sopra del limite per le lavoratrici del 5 millisievert ogni tre mesi, ma la società ha detto di aver 'confermato da una diagnosi medica che non vi è alcun impatto sulla sua salute'.
controlli di radiazioni differiscono tra lavoratori di sesso maschile e femminile grazie alla possibilità di una gravidanza sconosciuto.
Complessivamente ci sono 201 persone che lavorano sul sito a Fukushima Daiichi, tra cui 23 imprenditori. Nello stabilimento nelle vicinanze ci sono dei Daini 645 persone, tra cui molti a sostegno delle operazioni di Daiichi. I contraenti fanno 49 di tale forza lavoro.
Finora non hanno ricevuto i lavoratori eccedenti il limite di 250 millisievert temporaneo di esposizione, anche se 30 hanno ricevuto più di 100 millisievert. Tre di questo gruppo sono imprenditori.
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Recovery and rubble at Fukushima
Recovery operations have continued in line with recent days at Fukushima Daiichi, while a map has shown rubble to be the biggest source of radiation for workers on site.
The four wrecked units at the embattled power plant remain in the same relatively stable conditions as they have for around a month. Having lost cooling functions and gone on to suffer significant core damage, units 2 and 3 require Tokyo Electric Power Company (Tepco) to continue injecting fresh water at the rate of 6.8 cubic metres per hour.
The rate of water injection at unit 1 is slightly slower at 6.1 cubic metres per hour. Tepco is also injecting nitrogen to the reactor system to reduce the chance of a further hydrogen explosions. More than 12,400 cubic metres of the gas has now been injected - over double the amount originally planned. Tepco said it decided to continue the operation to further mitigate any risk.
Unit 1 remains the most difficult of the three. Core damage estimated at 70% may be inhibiting the flow of coolant water, leading to higher temperatures and pressures.
A test will be conducted tomorrow at unit 1 to help determine the true parameters of the reactor system, sensors for some of which may have been damaged during the accident sequence. Tepco will temporarily raise the speed of water injection from 6.1 to 14 cubic metres per hour and observe changes in reactor water levels, pressure and temperature as well as primary containment vessel pressure.
Fukushima rubble clearing
Patches of rubble like this are the major source of radiation on site.
Remote control operations to clear them up have filled 56 large containers
Water injection operations are powered by external supplies from the grid and the connections that support this have now been cross-linked. Power for units 3 and 4 can now be directed to units 5 and 6 and vice versa, which would allow Tepco to switch power between the pairs alternately to maintain essential functions should the site be partially disconnected from the grid or again have problems with diesel generators. Separately the connection for units 3 and 4 is to be upgraded from 6 kV to 66 kV in a four-day project.
Radiation map
A survey of radiation dose rates at the site has revealed the highest to come from debris left on the ground after the explosions at units 1 to 4. Some rubble beside unit 3 is giving the highest dose rate of some 300 millisieverts per hour, while other debris patches are at 30-40 millisieverts per hour.
More generally, the dose rates at the edges of the site are less than 0.6 millisieverts per hour and increase towards the centre where they range up to about 10 millisieverts per hour. However, there are numerous and varying small areas with higher dose rates anywhere between 15 and 60 millisieverts per hour.
Water transfer pipes near unit 2 and the waste treatment facility feature high surface dose rates of 75-160 millisieverts per hour at various points. Levels in the air nearby are lower at 4.9-20 millisieverts per hour.
Highly contaminated water is being pumped from the basement of unit 2's turbine building, with about 1700 cubic metres transferred so far.
Exposures
During analysis of each worker's radiation doses during the emergency, Tepco has found that one female worker received 17.55 millisieverts during her time in the site's earthquake-proof building and during work. This is in excess of the limit for female workers of 5 millisieverts each three months but the company said it had 'confirmed by a medical diagnosis that there is no impact on her health.'
Radiation controls differ between male and female workers due to the possibility of an unknown pregnancy.
Overall there are 201 people working on-site at Fukushima Daiichi, including 23 contractors. At the nearby Daini plant there are some 645 people, including many in support of operations at Daiichi. Contractors make up 49 of that workforce.
So far no workers have received in excess of the 250 millisievert temporary limit on exposure, although 30 have received over 100 millisieverts. Three of this group are contractors.
giovedì 28 aprile 2011
Rinnovabili.it: 4° Conto Energia: il no delle Regioni al Decreto
Ancora un nulla di fatto per il 4° Conto Energia. L’atteso pronunciamento dalle Regioni sulla bozza del Decreto non mette fine all’iter decisionale, che almeno nelle previsioni iniziali del Governo si sarebbe dovuto risolvere in tempi stretti. Dalla Conferenza Stato Regioni, attualmente in corso, il presidente Vasco Errani fa infatti sapere del parere negativo pronunciato in maniera unanime sul testo e dell’intenzione delle Regioni di chiedere delle correzioni “per salvaguardare gli investimenti in corso e correggere la diminuzione delle tariffe”. Una diminuzione ritenuta “troppo brusca” e, nella sostanza, incapace di risolve il problema dei diritti acquisiti rispetto al decreto dell’agosto scorso. “A determinare il parere negativo – ha spiegato il Governatore regionale dell’Emilia-Romagna – il fatto che non siano state accolte le nostre proposte tese a salvaguardare i diritti acquisiti dagli operatori e a garantire un decremento delle tariffe in linea con le esigenze del settore e con la necessaria tutela dei posti di lavoro”.
La proposta proveniente dal tavolo della Conferenza è quella di una rimodulazione della riduzione degli incentivi. “Ci presentiamo con una posizione unitaria e presenteremo una serie di emendamenti per correggere il decreto basati su due principi fondamentali – ha affermato Errani -. Il primo problema è la salvaguardia degli investimenti in corso che vanno garantiti, il secondo punto è una diminuzione degli incentivi che faccia sì che gli investimenti continuino a crescere attraverso una correzione della diminuzione degli incentivi”.
Il lavoro delle Regioni ha comunque già portato a dei passi avanti, sebbene non soddisfino a pieno le richieste avanzate da Regioni e soprattutto quelle del settore fotovoltaico: il governo ha accolto positivamente la proposta di introdurre forme di “premialità” che colleghino la bonifica dei tetti dalla presenza dell’amianto con l’istallazione di moduli solari e quella sulla valorizzazione dei tetti delle aree impegnate.
Inoltre, a margine dell’incontro Stefano Saglia e il Ministro dell’ambiente Stefania Pretigiacomo hano confermato che il nuovo testo accoglierà la proposta di mediazione in base alla quale il regime di incentivi attualmente in corso (3° Conto Energia) sarà prorogato fino al 31 agosto. “C‘è l’accordo su quasi tutti i punti, lavoriamo perché il decreto sia sfornato entro questa settimana – ha affermato il ministro – le questioni di fondo sono risolte, restano dei singoli aspetti sui quali ci sarà un approfondimento tecnico”.
Il sottosegretario allo Sviluppo economico ha peraltro comunicato che “probabilmente già domani” i ministri competenti firmeranno il decreto ministeriale. “Abbiamo fatto ulteriori passi in avanti – ha dichiarato Saglia – e così riparte la macchina del fotovoltaico con un raddoppio degli incentivi rispetto agli inizi. Poi giudicheranno le imprese che potranno concludere gli investimenti in programma guadagnando non di meno ma il giusto”.
E Bersani disse: 'Futuro nucleare' - l’Espresso
Novembre 2007: l'allora responsabile dello Sviluppo Economico incontra il ministro dell'energia Usa. E gli assicura: «Il programma atomico in Italia è solo sospeso, non chiuso». E al termine firma un accordo che «può cambiare l'atteggiamento degli italiani verso le centrali»
(21 marzo 2011)
E' un file che non farà piacere a Pier Luigi Bersani quello che Wikileaks e 'L'espresso' svelano oggi, proprio mentre il dibattito sull'energia atomica si è riacceso e il Partito democratico si è schierato contro il piano nucleare del governo.
Perché vi si rivela che quattro anni fa, quando l'attuale segretario del Pd era ministro dello Sviluppo Economico, durante il secondo governo Prodi. E' in questa veste che il 13 novembre 2007 Bersani incontra il ministro dell'energia americano Samuel Wright Bodman, uno degli uomini più fidati dell'allora presidente George W. Bush.
L'incontro ha all'ordine del giorno proprio il futuro dell'energia nucleare in Italia e - rivela l'ambasciatore Richard Spogli presente all'incontro - la prima preoccupazione del ministro italiano è tranquillizzare gli Usa sul fatto che «il referendum del 1987 ha soltanto sospeso e non chiuso i piani nucleari dell'Italia». Quindi «Italy is not out of nuclear power generation», «l'Italia non è fuori dalla produzione di energia atomica», come ha detto Bersani secondo quanto riferisce Spogli.
Una dichiarazione che è musica per le orecchie di Bodman, che spiega a Bersani come «la domanda globale di elettricità crescerà del 50 per cento nei prossimi vent'anni e il nucleare avrà un ruolo importante nel rispondere a questa crescente domanda»: uno statement che Bersani non contesta in alcun modo.
Anzi: al termine del faccia a faccia, Bersani e Bodman firmano il Global Nuclear Energy Partnership, il trattato bilaterale Italia Usa per lo scambio di informazioni sulla ricerca atomica civile: un accordo che, sono ancora parole di Bersani riferite dall'ambasciatore, «può giocare un ruolo importante nel modificare l'atteggiamento italiano nei confronti dell'energia nucleare».
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mercoledì 27 aprile 2011
CAMBOGIA-THAILANDIA Scontri al confine fra Cambogia e Thailandia. Bangkok cancella un tentativo di dialogo - Asia News
Questa mattina i due eserciti hanno ripreso a sparare nella zona dei templi di Ta Moan e di Ta Krabey. La linea di demarcazione fra i due Paesi non è definita chiaramente, ed è oggetto di disputa. Un progetto di mediazione indonesiano non è andato a buon fine. Il conflitto ha provocato 14 morti, e migliaia di sfollati.
Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Questa mattina si sono riaccesi gli scontri fra l’esercito cambogiano e quello thailandese, in un conflitto che dalla scorsa settimana ad oggi ha provocato 14 vittime. I combattimenti sono ripresi alle 5 ora locale e sono proseguiti per varie ore, con scambio di tiri di artiglieria pesante nella zona di confine vicino ai templi di Ta Moan e di Ta Krabey. Un portavoce thailandese ha lamentato la morte dell’abitante di un villaggio ieri, durante uno scambio di colpi di razzo.
Cambogia e Thailandia si accusano reciprocamente di aver iniziato le ostilità. La Thailandia ha cancellato un programma di incontri a livello ministeriale per risolvere la disputa. Il col. Sunsern Kaewkumnerd, portavoce dell'esercito, ha dichiarato che il suo Paese ha deciso “la notte scorsa di cancellare il viaggio del gen Parwit (ministro della Difesa. n.d.r.) a Phnom Penh'. Il motivo: alcuni media cambogiani hanno affermato che la Thailandia era pronta a negoziare un cessate il fuoco e aveva ammesso 'di essere stata sconfitta e di aver subito perdite”.
Alcune zone del confine fra Thailandia e Cambogia non sono chiaramente definite, e sono causa di tensione e di scontri sporadici, spesso legati a momenti tesi nella politica interna dei due Paesi. Tre anni fa ci sono stati scontri al confine mentre in Cambogia si preparavano le elezioni. Nelle prossime settimane il governo thailandese annuncerà una nuova tornata elettorale.
I punti di conflitto sono i due templi già citati, nella giungla, in una zona reclamata da entrambe le parti, e un altro tempio, a circa 160 km di distanza, Preah Vihear. Migliaia di abitanti dei villaggi hanno abbandonato le loro case. Un tentativo di mediazione compiuto dal presidente dell’Asean, il ministro degli esteri indonesiano Marty Natalegawa, non è andato a buon fine per l’opposizione della Thailandia. Il progetto prevede la presenza di una forza di interposizione indonesiana sul confine.
martedì 26 aprile 2011
Voci dall'estero: L’ottusa austerità della BCE
La BCE ha aumentato il tasso di interesse – è probabilmente il primo di una serie di aumenti previsti nei prossimi mesi – al fine di contrastare l’inflazione salita a marzo al 2.6% rispetto al 2.4 di febbraio. Trattandosi di inflazione di origine esterna, provocata dagli aumenti dei prezzi internazionali delle materie prime energetiche ed alimentari, la ratio antinflazionistica dell’avvio nelle presenti condizioni di una politica di moneta più cara non è immediatamente evidente.
Innanzi tutto, secondo le versioni oggi dominanti del punto di vista ortodosso in materia di politica monetaria, un aumento del tasso di interesse da parte della banca centrale sarebbe giustificato solo se dietro la maggiore inflazione vi fossero anche aumenti dei salari monetari e dei prezzi attribuibili a squilibri nelle condizioni interne di domanda e offerta aggregate. Ma certamente neppure Trichet può pensare che oggi, all’interno dell’eurosistema, la domanda aggregata stia premendo sui limiti posti dal prodotto potenziale.
Se si prescinde poi dalla visione teorica dominante, resta il fatto che ogni aumento del costo del denaro è di per sé direttamente inflazionistico, sicché combattere l’inflazione aumentando i tassi di interesse è un po’ come spegnere un incendio gettando sulle fiamme delle secchiate di benzina. I tassi di interesse non sono altro infatti che una componente dei costi totali di produzione e le imprese normalmente reagiscono ad aumenti dei costi aumentando i prezzi. A fronte di aumenti dei tassi di interesse il rapporto prezzi/salari monetari tende pertanto ad aumentare e i salari reali a diminuire. Ciò a sua volta stimolerà delle rivendicazioni salariali – genererà delle pressioni all’aumento dei salari monetari – a meno che l’accresciuto costo del denaro non riesca ad avere un impatto negativo sulla crescita economica e l’occupazione, attraverso contrazioni della domanda interna e delle esportazioni nette, e dunque non determini un indebolimento della forza contrattuale dei salariati.
Resta naturalmente l’effetto antinflazionistico dell’apprezzamento dell’euro rispetto al dollaro e alle altre principali valute che l’aumento del tasso di interesse da parte della BCE è suscettibile di determinare, ma al costo, appunto, di una minore competitività delle merci prodotte all’interno dell’eurozona, e quindi di una contrazione delle sue esportazioni nette.
Dunque, in definitiva, tassi di interesse più alti potrebbero oggi riuscire a contrastare l’inflazione in Europa solo se il più alto rapporto prezzi/salari monetari che essi tendono a determinare fosse più che compensato da: a) un abbassamento via il tasso di cambio dei prezzi in euro degli inputs importati; b) una riduzione o minore aumento dei salari monetari via il probabile effetto negativo sull’occupazione causato tanto dalla riduzione dei salari reali che dall’apprezzamento del cambio – ossia dagli effetti negativi sui consumi e le esportazioni nette provocati da più alti tassi di interesse. Nell’attuale contesto, poi, non va trascurato l’impatto del rincaro del denaro sulla spesa pubblica per interessi, e quindi i tagli compensativi delle spese pubbliche primarie (leggi spese sociali) cui i governi europei immancabilmente ricorreranno per impedire l’aumento dei disavanzi complessivi.
La banca centrale più indipendente del mondo non ha di fatto resistito all’impulso di contribuire per prima all’ottusa “austerità” imperante.
CON L' EURO I PREZZI SONO AUMENTATI SOPRATTUTTO AL SUD
L’euro ha aumentato i prezzi soprattutto al Sud. Se, dal 2001 al marzo 2011, la media italiana di incremento dei prezzi è stata del 22,9%, la Calabria è la regione che ha subito l’aumento più elevato: +29,2 %. Seguono la Campania, con il +28,2 %, la Sicilia, con il +25,1 % e la Puglia, con il +24,6 %. In coda alla classifica, invece, troviamo il Molise (+20,6%), il Veneto (+20,5%) e, all’ultimo posto, la Toscana (+20,2 %).
“La maggior crescita dell’inflazione – spiega Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA Mestre – non deve essere confusa con il costo della vita. Vivere al Nord è molto più costoso che nel Mezzogiorno. Altra cosa, invece, è analizzare, come abbiamo fatto noi, la dinamica inflattiva registrata in un determinato lasso di tempo. Certo, l’euro ha le sue responsabilità, ma riteniamo che la forte impennata registrata al Sud sia legata alla base di partenza dei prezzi che, nel 2001, era molto più bassa nel Mezzogiorno rispetto a quella registrata nel resto del Paese”.
Può essere sufficiente questa spiegazione per giustificare il boom inflattivo fatto segnare dalle Regioni del Sud ?
“Solo in parte – prosegue Giuseppe Bortolussi – a condizionare questo risultato hanno concorso altre criticità molto concentrate al Sud. Mi riferisco al drammatico deficit infrastrutturale, alla presenza delle organizzazioni criminali che condizionano molti settori economici e produttivi, alla poca concorrenza nel campo dei servizi e, soprattutto, ad un sistema distributivo delle merci molto arretrato e poco efficiente.”
Quali sono state le voci di spesa che hanno subito i rincari più forti ?
“Innanzitutto le bevande alcoliche ed i tabacchi. A livello nazionale la crescita è stata del + 54,2%. Altrettanto significativo l’aumento registrato dai costi per la manutenzione della casa e le tariffe dell’acqua e dell’elettricità (+33,6%). Di rilievo anche i rincari registrati nei trasporti (+ 32,6%) e per i prodotti per la cura della persona, le assicurazioni e i servizi finanziari (+31,9%)”.
L’unico settore merceologico che ha subito una diminuzione dei prezzi, sottolineano dalla CGIA di Mestre, è stato quello delle comunicazioni (-27,6%), vale a dire il costo dei servizi telefonici e di quelli postali.
Infine, ricordano dalla CGIA di Mestre, con una spesa media mensile familiare pari a 100, le spese per l’abitazione (27,99), per i mobili e gli elettrodomestici (5,45), per i trasporti (13,76) e per gli altri beni e servizi (assicurazione vita e malattie, servizi finanziari, prodotti per la cura della persona, etc.) incidono del 58% sul totale. Gli alimentari, le bevande ed i tabacchi, invece, solo del 18,88%.
La mossa cinese che può affossare gli Usa | Trend Online
Citando Robert Altman, America oggi. Gli Stati Uniti non hanno mai fatto default sul loro debito e sia i Democratici che i Repubblicani continuano a ripetersi e ripeterci che non vogliono che questo accada ora. Peccato che il livello di acrimonia e divisione che corre tra i due partiti riguardo le misure per colmare il deficit ha reso ponderabile ciò che fino a poco fa era addirittura impensabile.
Il governo Usa, oggi, prende a prestito circa 42 centesimi di ogni dollaro che spende, ma provate a immaginare se un giorno non troppo lontano, il livello di prestito schizzasse contro il livello corrente di limite di debito, ovvero 14,3 trilioni di dollari e il Congresso non riuscisse ad alzare quest’ultimo. Il danno che creerebbe questa situazione non solo contagerebbe l’intera economia Usa, ma anche i mercati globali. A quel punto un default arriverebbe se il governo fallisse nell’ottemperare ai doveri di un’obbligazione finanziaria, incluso il ripagare un prestito o l’interesse su quel prestito.
Come il governo ottiene prestiti è cosa nota: vendendo bond a individui e governi con la promessa di ripagare un ammontare dell’obbligazione in un determinato periodo di tempo e accettando di pagare interessi regolari su quel bond nel frattempo. Tra i primi a pagare il conto a un’ipotesi simile, ovvero all’incapacità di ottemperare a impegni finanziari da parte del governo Usa, ci sarebbero i fondi money-market che detengono securities statunitensi, banche che comprano i bonds direttamente dalla Fed per poi rivenderli ai consumatori, inclusi fondi mutuali e pensionistici e la comunità di investitori internazionali, i quali detengono quasi la metà di tutte le securities del Treasury.Se gli Usa cominceranno a non pagare interessi o cedole, i detentori di obbligazioni (ovvero chi presta soldi agli Usa) chiederanno tassi d’interesse sempre più alti sui nuovi bonds emessi, esattamente come accade per la Grecia, l’Irlanda e il Portogallo: e, come vi ho già detto, quest’anno il buon Tim Geithner vuole piazzare T-Bil per 1,5 trilioni di dollari. A un certo punto, quindi, il governo dovrebbe tagliare drasticamente la spesa in altri settori per garantirsi fondi per riuscire a emettere e allocare nuovi T-Bills e bonds alle peggiori condizioni imposte dai mercati: detto fatto, questa contrazione colpirà i pagamenti dei contractors federali, la sicurezza sociale e altri pagamenti di benefit governativi, ad esempio gli stipendi dei lavoratori federali.
Un default di questo genere non farebbe altro che attivare una spirale di panico finanziario simile a quella del 2008 in seno a un’economia che ancora sta facendo i conti con alta disoccupazione e un mercato immobiliare a pezzi, rispedendo il sistema America in recessione. Non è un caso che il capo della Fed, Ben Bernanke, abbia definito il potenziale fallimento nell’innalzamento del limite di debito “un evento stronca-ripresa”, capace inoltre di affossare i mercati e colpendo così metà dei cittadini statunitensi che detengono titoli.
Il costo del credito salirebbe, dai prestiti d’affari a quelli al consumo fino ai mutui immobiliari, al finanziamento e alle carte di credito e il dollaro si deprimerebbe ulteriormente, rischiando davvero di perdere il suo status di valuta di riserva mondiale. A quel punto la Cina e gli altri paesi che detengono la metà delle securities statunitensi potrebbero cominciare a scaricarle oppure a chiedere interessi sempre maggiori, facendo deteriorare ulteriormente lo stato di salute del debito per pagare quei rendimenti: un circolo vizioso devastante.
IBL - Dieci riforme liberiste a costo zero
"SECONDO ME LOTTIERI SBAGLIA, PERCHè MOLTE DELLE SUE PROPOSTE PORTEREBBERO A FAVORIRE GLI OLIGOPOLISTI ED A RIDURRE LA CONCORRENZA, MA PUBBLICO UGUALMENTE
Un gran numero di interventi destinati ad aiutare famiglie e imprese può essere realizzato senza gravare sui conti pubblici
di Carlo Lottieri
Un gran numero di interventi destinati ad aiutare famiglie e imprese può essere realizzato senza gravare sui conti pubblici.
Dalla cancellazione delle province a quella degli ordini professionali: ecco il decalogo dei provvedimenti
Uno dei pretesti che i conservatori di tutti i partiti chiamano in causa per evitare le riforme più urgenti è che, purtroppo, lo stato delle finanze pubbliche è quello che è. Niente soldi, e dunque niente riforme. Ma in realtà un gran numero di provvedimenti destinati davvero a venire incontro a famiglie e imprese può essere realizzato a costo zero. Anzi: in molti casi si tratta di operazioni che possono perfino ridurre la spesa pubblica e/o comportare entrate straordinarie, così da ridurre il debito e, di conseguenza, gli interessi su Bot e Cct che siamo costretti a finanziare con le nostre imposte.
L’elenco delle cose da fare sarebbe molto lungo. Qui si è scelto di indicare essenzialmente alcune tra le riforme di cui si parla da più tempo e che dovrebbero maggiormente stare a cuore a quanti nutrono convincimenti in qualche modo liberali.
1. Cancellazione delle province. L’economia italiana deve fare i conti non soltanto con una pressione fiscale oppressiva, ma anche con una autentica piovra di politici e burocrati che in vario modo intralciano la libera iniziativa e falsano il mercato. Se oggi una vera industria culturale, ad esempio, fatica a crescere è anche perché assessori e funzionari sono costantemente impegnati a finanziare amici e clienti. Per ridimensionare questa idra dalle mille teste si può partire dal più inutile dei livelli di governo: quello provinciale. Ne guadagneranno le tasche dei contribuenti, ma anche le opportunità di successo di quanti operano sul mercato.
2. Privatizzazione di imprese pubbliche (Eni, Enel, Cassa depositi e prestiti, ecc.) e municipalizzate. Un mercato non è davvero tale se alcune aziende possono costantemente contare sugli aiuti pubblici e altre invece, se vanno male, chiudono. Al fine di aiutare l’economia a crescere in dinamismo bisogna allora avviare un ampio progetto di privatizzazioni, così da separare definitivamente politica ed economia, all’insegna del motto “Libera impresa in libero Stato”.
3. Cessione delle case popolari e creazione, con il ricavato, di buoni-affitto. La politica statalista in tema di edilizia popolare è stata fallimentare, producendo disagi sociali, ingiustizie, privilegi. In molte occasioni si sono costruiti orribili alveari, che hanno prodotto infelici segregazioni urbanistiche. Gli enti pubblici devono ritrarsi da tali ambiti, ma per far questo bisogna vendere le case popolari e utilizzare il ricavato per aiutare con assegni temporanei quanti hanno difficoltà economiche, lasciando loro la libertà di trovare un’abitazione in affitto sul mercato.
4. Abolizione di ogni ostacolo al lavoro. In Italia vi sono moltissime norme che ostacolano la libera iniziativa – gli orari di apertura dei negozi, per esempio – e l’incontro tra domanda e offerta, causando alti livelli di disoccupazione. Soprattutto al Sud, queste regole impediscono rapporti capitalistici tra adulti consenzienti e, in definitiva, generano solo povertà, mercato nero, emigrazione. Bisogna fare in modo che ogni norma in materia di lavoro possa essere superata per via negoziale, se vi è l’accordo delle parti. Se uno può votare sull’aborto o sulla responsabilità dei giudici, perché poi non può decidere sul suo personale contratto di lavoro?
5. Liberalizzazione dei metodi alternativi di risoluzione delle controversie. La giustizia – e soprattutto quella civile! – non funziona; e in primo luogo perché è una realtà fuori mercato. Nel resto del mondo stanno crescendo i metodi alternativi di risoluzione delle controversie: l’arbitrato (dove la sentenza è formulata da un giudice privato, scelto dalle parti) e la mediazione (che non si conclude con una sentenza, ma approda a un accordo extragiudiziale). Bisogna che la legislazione smetta di intralciare questi istituti, permettendo a chiunque lo voglia di fare l’arbitro o il mediatore e lasciando che sia il mercato a giudicarne le qualità.
6. Consolidamento delle regole sulla concorrenza (ad esempio, sganciare Rfi da Trenitalia). Troppi settori soffrono le conseguenze di privatizzazioni e liberalizzazioni solo parziali: specie nel caso dei sistemi “a rete”. C’è bisogno che le aziende che utilizzano i medesimi binari o lo stesso cavo siano poste su un piano di parità.
7. Trasformare gli ordini in associazioni, partendo da notai e giornalisti. Anche se il regime fascista è morto nel 1945, molta parte di quella cultura è ancora viva e vegeta. Lo testimonia il persistere delle corporazioni. La riforma è semplice: si trasformino gli ordini in associazioni a cui ci si può iscrivere oppure no, lasciando a chiunque la libertà di praticare la professione che predilige.
8. Abolizione del valore legale del titolo di studio. Questo obbrobrio non trova alcuno spazio, ovviamente, nel settore privato (dove vali per quello che sai e sai fare, e non certo per un pezzo di carta). Non è così, però, nel settore pubblico, che sacralizza bolli e pergamene. Si ascolti Luigi Einaudi e si volti pagina.
9. Fine del regime che regola limita l’apertura di nuove farmacie. Perché in una qualunque strada di un villaggio della Georgia caucasica è possibile trovare, una fianco all’altra, tre farmacie e in Italia no? La nostra legge autorizza solo una farmacia ogni 5 mila abitanti e quasi ci dice che per fare il farmacista lo deve essere anche tuo padre. Le lenzuolate del centro-sinistra hanno introdotto qualche parziale modifica. C’è qualcuno che sappia essere un po’ più liberale di Bersani?
10. Fine dell’obbligo di iscrizione alle camere di commercio. Come per gli ordini, è necessario che queste realtà siano indotte a operare bene, mettersi a disposizione degli iscritti, offrire servizi di qualità. Ma l’unico modo perché ciò avvenga è che artigiani, industriali o commercianti possano decidere di non pagare la quota associativa. È una soluzione semplice. L’unica che esiste.
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Quanto guadagnano oggi i parlamentari? - AgoraVox Italia
Come si compone, a quanto ammonta e quanto è variato lo stipendio che lo Stato versa ai rappresentanti della Nazione
Circa un mese fa sono stati pubblicati i redditi dei parlamentari (deputati e senatori) per l'anno 2010. La notizia è stata ripresa con la consueta nonchalance dai media italiani, che si sono al solito concentrati su quale fosse l'onorevole avvocato, piuttosto che il leader di partito, più ricco della sua categoria. Poco si è detto invece sull'entità delle cifre, che rimangono altissime nonostante anno dopo anno tutti (maggioranza e opposizione) promettano di metterci mano per ridurle in maniera significativa.
Ma quanto spende lo Stato per mantenere direttamente i rappresentanti del popolo? Cercare di capire quanto denaro pubblico entri nelle tasche dei parlamentari italiani non è impresa facile. Non che sia difficile reperire i dati ufficiali, sia chiaro, ma le tante variabili in gioco fanno sì che gli stipendi mensili di deputati e senatori siano molto diversi da parlamentare a parlamentare.
La tabella che segue mostra le somme ricevute dai nostri rappresentanti, divise per categoria e per ramo parlamentare:
http://img508.imageshack.us/img508/5449/tabellastipendi.png
L’indennità parlamentare, unica forma di compenso prevista dalla Costituzione (art. 69), è lo stipendio netto mensile dei parlamentari (non è prevista la tredicesima mensilità). Sull'importo netto sono trattenute le imposte addizionali regionali e comunali che cambiano a seconda del domicilio fiscale del parlamentare. Nel 2006 l’indennità è stata ridotta del 10% sia alla Camera che al Senato.
La diaria, altro non è che il rimborso spese mensile per il soggiorno a Roma. Dall’inizio di quest’anno è stata ridotta di 500 euro in entrambi i rami del Parlamento. Non è quasi mai uguale per i parlamentari, poiché su di essa vanno a incidere i giorni di assenza nelle sedute con votazione elettronica: ogni volta che si lascia la poltrona vuota si prendono circa 200 euro in meno sul totale.
Come la diaria, anche i rimborsi spese forfettari, erogati per l’attività svolta durante il mandato elettorale, sono stati ridotti di 500 euro. Al Senato gran parte della somma viene destinata all’attività del gruppo parlamentare di riferimento.
Un notevole privilegio per i parlamentari è poter disporre di una tessera per la libera circolazione su tutto il territorio italiano. In più, ogni deputato dispone di un budget trimestrale per raggiungere gli aeroporti più vicini al luogo di residenza.
Altro capitolo è quello delle spese telefoniche, che vengono rimborsate in maniera diversa tra Camera e Senato: i deputati dispongono di circa 3000 euro annui (circa 260 € al mese) mentre ai senatori le spese sono incluse nel rimborso di 1650 euro mensili, comprensivi delle spese di viaggio.
Dall’indennità parlamentare lorda vengono detratti i soldi per ricevere l’assistenza sanitaria, nonché il vitalizio e la liquidazione. Quest’ultima equivale all’80% dell’indennità mensile lorda moltiplicato per ogni anno trascorso in parlamento. Questo significa che un deputato che abbia lavorato, mettiamo caso, un intero mandato (5 anni) prenderà un assegno pari a 58.518 euro.
Per il vitalizio, che comunemente chiamiamo pensione, i calcoli sono poco più complessi. Si riceve al compimento dei 65 anni esclusivamente se si è concluso in modo effettivo un intero mandato parlamentare (5 anni). L’età pensionabile può essere abbassata fino al 60° anno di età (limite minimo) detraendo un anno per ogni anno di mandato oltre il quinto. L'importo dell'assegno varia da un minimo del 20% a un massimo del 60% dell'indennità parlamentare, a seconda degli anni di mandato parlamentare. Nel caso in cui il parlamentare sia rieletto in Parlamento, o eletto in un ente governativo, o al Parlamento europeo e riceva un indennità pari o superiore al 40% dell’indennità parlamentare, il pagamento del vitalizio viene sospeso.
Alla luce di questi numeri viene da chiedersi come sia possibile che alcuni parlamentari dichiarino meno di 50mila euro annui, se la sola indennità totale annua supera questa cifra. In alcuni casi il “trucco” c’è, come per l’On. Pietro Marcazzan (Udc), il meno ricco dei parlamentari (10.330 euro dichiarati): essendo subentrato a una collega nel settembre 2010, l’On. Anna Teresa Formisano, ha dovuto dichiarare il suo stipendio da insegnante di lingue straniere. C’è da scommettere che il prossimo anno la dichiarazione dell’ex professore si gonfierà non poco, visto l’onorevole stipendio.
Agenzia Radicale - Siria, proseguono proteste e repressione violenta
Non accenna a diminuire la violenza del regime siriano, che si dimostra sempre più feroce e duro nei confronti degli oppositori. Una violenza che, tuttavia, non riesce a fungere da deterrente verso i manifestanti, che continuano a chiedere riforme, democrazia, libertà.
Le cifre vanno prese con le dovute precauzioni: pochissimi i giornalisti occidentali in Siria, molti “dissidenti” che pubblicano notizie su Facebook e Twitter sono in verità fuori dal paese e il gioco sensazionalistico di molti media rende difficile riportare cifre corrette. La chiusura delle frontiere, questa mattina quella con la Giordania, impedisce inoltre l’infiltrazione dei giornalisti e le notizie di “gole profonde” nel paese.
Le proteste di Daraa, la città a sud del paese epicentro e simbolo della rivolta contro il regime di Bashar al-Assad, sono represse con una ferocia devastante: ieri carri armati e blindati militari hanno fatto il loro ingresso nella città, seguiti da oltre 3000 soldati, con la speranza di sedare le proteste con la minaccia di una forte repressione.
Dopo la preghiera di questa mattina, cecchini governativi (secondo quanto riferito da numerose testimonianze riportate dai più importanti media arabi) hanno cominciato ad aprire il fuoco sulle case, impedendo alla popolazione il libero accesso alle strade per paura di essere freddati, e quindi auspicando l’assenza di manifestazioni. Solo questa mattina, riferisce Al-Jazeera, sarebbero 5 i civili morti ammazzati, e il bilancio di morte dall’inizio delle proteste, metà marzo, è di oltre 381 morti tra i manifestanti anti-regime.
E’ innegabile che quello che si sta verificando in Siria sia un vero e proprio bagno di sangue, anche se non si può avere la certezza dell’entità. Non è bastata la revoca dello stato d’emergenza. l’abolizione dei tribunali speciali, le dimissioni pretese da al-Assad di tutto il governo (perfetto capro espiatorio), a placare gli animi dei rivoltosi.
Anche perché, denuncia l’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, “la prosecuzione della politica degli arresti arbitrari”, avvenuti anche nella capitale Damasco, nel corso di veri e propri raid delle forze di sicurezza, sono la dimostrazione che il regime non è intenzionato a mollare un centimetro.
Molti attivisti e dissidenti siriani si prodigano in questi giorni nella redazione di vere e proprie liste “dei martiri”: secondo tali liste, sarebbero 112 i morti di ieri, tra cui due bambini. La manifestazione di protesta organizzata ieri a Jabla, nel nord-ovest del paese, è stata dissipata a colpi d’arma da fuoco; secondo l’organizzazione per i diritti umani Sawasiah, le forze di sicurezza siriane e “elementi fedeli” al presidente Bashar al-Assad, a Jabla ieri è avvenuto un vero e proprio massacro.
Viene riferita anche l’irruzione militare in casa del dottor Zakariya al Akkad, colpevole di aver rilasciato una dura intervista alla tv panaraba Al-Jazeera. I cortei funebri che si tengono in ogni città della Siria sono oggetto di tirassegno ad opera dei cecchini di al-Assad: dopo il massacro di venerdì scorso, avvenuto sulla manifestazione a Deraa tenutasi dopo la preghiera, ieri la mattanza è continuata sui cortei funebri. Sono tanti a temere che anche oggi il copione sarà identico: a Deraa si terranno cinque funerali.
Qualcosa sta cambiando anche tra i dissidenti. Se inizialmente i rivoltosi hanno creduto di poter contare sul sostegno delle forze di polizia, speranza vana come dimostra la macellazione umana avvenuta nelle settimane successive, ieri, per la prima volta dall’inizio delle proteste, la piattaforma di attivisti e dissidenti che organizza manifestazioni su scala locale ha emesso il primo comunicato ufficiale, in cui si chiede chiaramente la fine del regime Baath, il partito politico al potere da quasi 50 anni, e l’avvento di un sistema politico democratico.
Grazie ai soliti social network il comunicato è rimbalzato in tutto il mondo.
ANDREA SPINELLI BARRILE
Corte europea dei diritti umani - intervista a Helen Keller, giudice svizzera - swissinfo
Di Etienne Strebel, swissinfo.ch
Vale ancora la pena oggi d'interrogarsi sui diritti umani? Le questioni importanti non sono ormai state individuate? swissinfo.ch lo ha chiesto a Helen Keller che da ottobre lavorerà come giudice alla Corte europea dei diritti umani.
Professoressa di diritto pubblico, diritto europeo e diritto pubblico internazionale all'Università di Zurigo, Helen Keller è stata eletta dall'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa il 12 aprile 2011. Il mandato a Strasburgo ha una durata di nove anni. La Keller – che dal 2008 rappresenta la Svizzera in seno al Comitato ONU dei diritti umani – entrerà in carica il 4 ottobre.
swissinfo.ch: Che ruolo hanno i diritti umani nel nostro quotidiano?
Helen Keller: I diritti umani riguardano molti ambiti della nostra esistenza. Pensi a Fukushima. Di per sé, una centrale nucleare non ha nulla a che vedere con i diritti umani. Ma a partire dal momento in cui le autorità lavorano male al punto da tangere il diritto alla vita, allora il quadro cambia e anch'esse diventano una questione inerente ai diritti umani.
O pensi alla rivoluzione in atto in molti paesi arabi. Oggi è impossibile pensare ad una libertà d'espressione e di stampa che non contempli i nuovi mezzi di comunicazione come facebook e twitter.
I diritti umani non sono scolpiti nella pietra; ed è un bene che sia così. Adattare la giurisprudenza in materia tenendo in considerazione le nuove potenziali minacce è un diritto e un dovere.
swissinfo.ch: Da ottobre lei sarà uno dei 47 giudici della Corte dei diritti umani di Strasburgo. Il suo predecessore, Giorgio Malinverni, ha dichiarato che si tratta di un lavoro faticoso fatto soprattutto di letture. La attira?
H. K.: Mi attirano i casi difficili, che offrono la possibilità di mettere in luce nuovi aspetti del diritto fondamentale. I molti casi di routine, quelli che riguardano ad esempio la durata eccessiva dei processi, non sono certo la cosa più appassionante. Ma trattando 30-40 casi normali, forse è possibile scoprire qualcosa d'interessante e in quel caso trovo stimolante avere la possibilità di innovare la giurisprudenza.
Nei processi fondati essenzialmente su atti scritti, l'aspetto interessante è dato dalle discussioni con i colleghi. È un dialogo che apprezzo molto, perché quando ci si trova di fronte a domande che riguardano i diritti umani, spesso la risposta non è immediata.
swissinfo.ch: Il lavoro di giudice a Strasburgo le permetterà di continuare a svolgere le sue attività attuali?
H. K.: Devo rinunciare a tutto ciò che potrebbe intaccare la mia indipendenza e la mia disponibilità in termini di tempo. Non potrò più fare delle perizie e dovrò rinunciare anche al mio mandato nel Comitato ONU dei diritti umani, perché mi impegnerebbe troppo.
Per quanto riguarda l'insegnamento, sono tenuta a limitarlo al campo dei diritti umani. Inoltre, potrò salire in cattedra solo durante i periodi di vacanza della Corte.
swissinfo.ch: Il numero di ricorsi inoltrati alla Corte europea dei diritti umani è elevato. Due anni fa, l'ambasciatore svizzero a Strasburgo, Paul Widmer, ci disse che la Corte rischiava di rimanere vittima del suo successo. La situazione è cambiata?
H. K.: No. Ci sono più di 140'000 ricorsi pendenti e questo nonostante negli ultimi dieci anni il tribunale abbia aumentato considerevolmente la sua efficienza. Ogni anno vengono emesse sempre più sentenze. Il problema è che anche il numero dei ricorsi cresce in continuazione.
La situazione è drammatica. Nel 2010, quando presiedeva il Consiglio d'Europa, la Svizzera ha spinto molto per arrivare ad un cambiamento. Uno dei temi importanti, confluiti nella dichiarazione di Interlaken, è quello della sussidiarietà.
swissinfo.ch: Cosa intende per sussidiarietà?
H. K.: La Corte e la Convenzione europee dei diritti umani dovrebbero essere solo l'ultima istanza alla quale una persona che si ritiene lesa nei suoi diritti dovrebbe potersi rivolgere. Lo stato chiamato in causa dovrebbe avere sempre la possibilità di lasciar giudicare una presunta violazione dei diritti umani da un tribunale nazionale, prima che a Strasburgo.
Ovviamente, questo presuppone sistemi nazionali funzionanti per quanto riguarda la difesa dei diritti umani. Questa condizione non è data ovunque, soprattutto non nei paesi dell'ex blocco sovietico. In questi stati, molte persone si rivolgono direttamente a Strasburgo, perché non hanno fiducia nei tribunali nazionali.
swissinfo.ch: Visto il numero di pendenze, molte persone rischiano di morire prima di veder trattato il proprio caso. Che fare?
H. K.: L'ultima revisione ha alzato l'asticella dando al tribunale la possibilità di non entrare in materia se i casi non presentano mancanze gravi e se le istanze nazionali li hanno già esaminati a fondo.
Andare oltre potrebbe essere problematico, perché la Corte esamina approfonditamente solo il 5-10% dei casi. Per il resto si è ben organizzati: il 90-95% dei casi vengono trattati in cancelleria.
swissinfo.ch: Che cosa ha portato la Corte dei diritti umani agli abitanti e agli stati d'Europa?
H. K.: Restiamo in Svizzera: il tribunale si è pronunciato a più riprese su questioni che riguardavano i diritti umani nel nostro paese. Per esempio per quanto riguarda il cognome delle donne dopo il matrimonio. La Svizzera è stata condannata due volte perché non dava alle donne le stesse possibilità di scelta garantite agli uomini. Queste sono sentenze molto importanti per il raggiungimento della parità di diritti.
Un altro esempio sono i diritti delle coppie omosessuali. In questo campo, la Corte europea ha emesso sentenze pionieristiche, che sono di grande importanza non solo per la Svizzera, ma per tutta l'Europa.
Ci sono poi le condizioni di carcerazione, un altro tema che è stato molto importante per la Svizzera e che ha avuto ricadutea livello europeo. Chi è in prigione può praticare la sua religione? Può ricevere posta? Può avere accesso ai media? Partendo da queste domande la Corte europea ha emesso sentenze importanti che hanno portato ad un miglioramento delle condizioni di carcerazione.
swissinfo.ch: In Svizzera c'è la democrazia diretta. Negli ultimi anni in seguito al risultato di diverse votazioni popolari ci si è chiesti: Il popolo ha sempre ragione? Lei come risponde?
H. K.: Dal punto di vista dei diritti umani e dal punto di vista del diritto costituzionale svizzero è chiaro che no, il popolo non ha sempre ragione.
Tutti gli organi statali – e come tale considero anche il sovrano, ovvero gli elettori e i cantoni – sono legati ai diritti fondamentali. Lo dice la costituzione. Non può accadere che il popolo, attraverso una semplice decisione di maggioranza, violi i diritti umani fondamentali.
A Strasburgo ci si confronta anche con questioni complicate come questa. Ci sono diversi ricorsi pendenti, in particolare per quanto riguarda il divieto di costruire minareti. Io non sono ancora in carica, ma la probabilità che in futuro mi debba occupare di questi ricorsi è abbastanza alta. Per questo, per mantenere la mia indipendenza, non mi pronuncio più in merito.
Etienne Strebel, swissinfo.ch
Traduzione dal tedesco, Doris Lucini
Debito greco. Una mail di Citigroup getta la Grecia nel caos | Ticinolive
Il ministero greco delle Finanze sospetta la banca americana Citigroup di essere all’origine dell’invio, mercoledì scorso, di una mail in cui si ventilava la possibilità di ristrutturare il debito sovrano della Grecia nel week end di Pasqua. Un messaggio che la banca avrebbe trasmesso a diversi investitori e che ha mandato in fibrillazione i mercati. Alla fine del 2010 il debito greco si attestava a 340 miliardi di euro e nel corso del 2011 è previsto un ulteriore aumento.
“Speculazioni che influenzano negativamente i mercati – ha detto Georges Papacostantinou, che da giorni rilascia interviste per spegnere queste speculazioni. Fatica inutile, in quanto le indiscrezioni si moltiplicano con il risultato di far deprimere il mercato azionario greco e far salire i tassi delle obbligazioni di Stato. Il rendimento a due anni ha ormai superato il 22%.
Una situazione preoccupante in quanto la Grecia prevede di piazzare al più tardi nel terzo trimestre di quest’anno presso la diaspora greca nuovi titoli del suo debito con scadenza a lungo termine. Per questo motivo Papacostantinou ha deciso di affidarsi alle vie legali per far tacere le indiscrezioni, che ha definito infondate e ridicole, circa la ristrutturazione.
Il ministro ha chiesto al procuratore pubblico di Atene di indagare su una possibile condotta criminale associata a movimenti constatati presso la Borsa di Atene e al prezzo delle obbligazioni di Stato greche. Mercoledì 20 aprile l’indice di riferimento di questo mercato azionario, l’ATG, era sceso del 2.62% e l’apprezzamento delle banche greche aveva perso il 4,58 %.
venerdì 22 aprile 2011
Contributi silenti, il furto dell’Inps a danno dei precari | Libertiamo.it
- Se dovessimo mutuare uno slogan descrittivo per la proposta di legge radicale sui cosiddetti contributi “silenti” potremmo riprendere pari pari il grido di sfida che Margaret Thatcher rivolse anni fa ai notabili europei: “Rivogliamo indietro i nostri soldi!”
Sennonché, come l’esperienza insegna, uno stato o un Governo nazionale hanno ben altre possibilità di veder riconosciuto un diritto e, contestualmente, veder cessare un arbitrio (giacché sussiste una liason strettissima tra le due cose) rispetto a quelle, scarsissime, di un qualsiasi cittadino vessato da una vera e propria macchina infernale quale il vorace Leviatano dell’epoca contemporanea.
E, dunque, la situazione dei milioni di lavoratori atipici, parasubordinati e non “disciplinati” da una qualsivoglia cornice ordinistica esistenti in Italia presenta davvero i caratteri dell’emergenza sociale. O meglio della truffa conclamata e dimostrabile per tabulas. Non si potrebbe definire altrimenti, infatti, un meccanismo che impone ai soggetti citati (una parte considerevole della forza-lavoro nazionale) di continuare a versare all’INPS una quota notevole del proprio stipendio intermittente con il rischio di non percepire nemmeno un euro di pensione.
Si tratta di un’ipotesi concretissima, dal momento che il requisito minimo valido al conseguimento della stessa è il limite delle 35 annualità di contribuzione. Che magna pars di costoro vedranno come un miraggio irraggiungibile. Per intanto la messe raccolta nei forzieri della Gestione Separata dell’istituto previdenziale pubblico potrà essere utilizzata per pagare gli altri trattamenti, quelli dei fortunati capaci di ottemperare alle condizioni stabilite dall’attuale normativa previdenziale.
Facile comprendere e desumere da questo caso emblematico tutta la fallacia ed insostenibilità dell’ architrave che dovrebbe reggere l’edificio fondamentale della spesa sociale. Quale equità può essere retoricamente strombazzata in presenza di un vulnus tanto macroscopico da apparire quasi castale nella sua plastica evidenza? Eppure i governi di ogni colore non hanno fatto altro che perpetuare e ,se possibile, accentuare lo scempio sia aumentando via via l’aliquota sia, come accennato in precedenza, trasferendo ad altro uso e destinatario il cucuzzaro.
Dopo l’istituzione della Gestione Separata ad opera dell’Esecutivo Dini nel 1995, gli interventi legislativi successivi si sono limitati semplicemente ad autorizzare il giochino di prestidigitazione contabile e ad incrementare dal 19 al 26% la percentuale del prelievo. Nulla è stato, invece, esperito per tentare di rimediare all’ingiustizia: eppure tutti, da Berlusconi a Prodi hanno sempre decantato le virtù riformatrici della propria azione di governo.
La proposta di legge depositata dai radicali presso la Camera dei Deputati che chiede, sic et simpliciter, la restituzione dei contributi versati a tutti coloro che non hanno raggiunto l’obiettivo agognato dei 35 anni, langue sul posto dall’oramai lontano 4 agosto del 2008: in due anni e mezzo non si è nemmeno proceduto alla calendarizzazione dell’iter di discussione: altri provvedimenti, gabellati per fondamentali, hanno evidentemente ottenuto una corsia preferenziale. Un ulteriore proposta datata ottobre 2010 sembra incontrare medesima sorte.
Per tentare di smuovere il macigno, il movimento di Marco Pannella ed Emma Bonino ha lanciato una giornata nazionale di mobilitazione per il prossimo 20 maggio. In molte città italiane si svolgeranno delle manifestazioni presso le locali direzioni dell’INPS e sarà possibile, in quel contesto, firmare l’appello in favore di una “calendarizzazione e discussione della proposta entro il 2011″. Un impegno veramente commendevole anche se appare assai difficile che venga preso nella giusta e dovuta considerazione. Le parole del Commissario Straordinario dell’INPS, Matrapasqua, non lasciano molte speranze: nelle parole testuali di costui quest’intervento causerebbe “un sommovimento sociale”. Un invito esplicito, quindi, al quieta non movere, secondo la regola aurea dell’agire politico italiano.
Ci sarebbero davvero tutti gli auspici nefasti per trarre un pronostico negativo sulle sorti per nulla magnifiche né tantomeno progressive di questo paese, se non fosse che qualche timido segnale di resipiscenza si intravede seppur in lontananza. Questa battaglia radicale, pur nella sua settoriale asistematicità, fa, ad esempio il paio con l’interessante iniziativa di Benedetto della Vedova, Enzo Raisi e Libertiamo sul contratto unico di lavoro mirante a riparametrare un assetto del diritto del lavoro e del welfare altrettanto ingiusto ed antieconomico quanto la giungla previdenziale.
Referendum: a rischio anche quello sull’acqua pubblica? - CronacaLive
ROMA / Archiviata la cancellazione del referendum sul nucleare grazie ad un apposito intervento legislativo, il governo sta seriamente pensando ad un altro intervento mirato per annullare anche la consultazione sulla privatizzazione delle risorse idriche. Il ministro allo sviluppo economico, Paolo Romani, lo ha infatti annunciato chiaramente in un intervento radiofonico: “su questo tema, di grande rilevanza, sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo”, queste le sue parole.
Stefano Leoni, presidente del Wwf, ha prontamente ribattuto sostenendo che si tratta di un “colpo di mano” con cui “si vuole togliere la voce ai cittadini”: “evidentemente -ha ribadito Leoni- c’è chi ritiene che le consultazioni popolari sui temi concreti facciano saltare le decisioni prese da pochi nell’interesse di pochi”. Indignati anche i promotori del referendum, per cui hanno raccolto ben un milione e 400 mila firme.
Secondo alcuni però la modifica della norma non basterebbe comunque ad annullare il referendum, perché uno dei due quesiti farebbe riferimento a un quadro di privatizzazione che ha cominciato a delinearsi con un’altra legge, la Galli del 1994.
Too big to fail. Grübel minaccia di portare il capitale di UBS all’estero | Ticinolive
La Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf, responsabile del Dipartimento federale delle finanze, tiene testa al direttore generale di UBS Oswald Grübel e alla sua minaccia di portare all’estero parte del capitale della banca se il Consiglio federale applicherà le misure di controllo riguardanti le imprese considerate troppo grandi per poter fallire, le too big to fail.
Widmer-Schlumpf ha ottenuto dal Consiglio federale il permesso di applicare queste misure, sia per UBS come pure per il Credit Suisse. In grandi linee, entro la fine del 2018 le due banche dovranno aumentare la parte dei loro fondi propri al 19% del loro bilancio, soddisfare esigenze più severe in materia di liquidità e migliorare la ripartizione dei rischi. Dovranno inoltre avere sempre pronto un piano d’emergenza per garantire in ogni momento le funzioni vitali per l’economia del paese.
Misure necessarie e poste in relazione al salvataggio di UBS operato nel 2008 da parte del governo federale. Un intervento per un totale di circa 68 miliardi di dollari per evitare il fallimento della banca e il conseguente tracollo dell’economia svizzera.
Uno scenario che non deve più ripetersi: ecco perché il Consiglio federale prevede di imporre alle due grandi banche del paese regole severe.
“Misure necessarie – spiega Widmer-Schlumpf, la quale aggiunge che anche dopo la crisi il bilancio accumulato dalle due banche continua a pesare il doppio rispetto al prodotto interno lordo della Confederazione.
“Non siamo l’unica nazione che adotta misure simili – ha aggiunto – Lo fa anche la Gran Bretagna. Il G20, che riunisce le grandi economie del pianeta, si concentra sulle stesse misure di regolamentazione andando oltre lo standard minimo di Basilea III in materia di fondi propri.”
Le misure non piacciono ad Oswald Grübel, che minaccia di trasferire all’estero una parte del capitale di UBS. Alla domanda se ritiene che Grübel stia minacciando a vanvera o seriamente, Widmer-Schlumpf risponde che non conosce la psicologia del direttore generale di UBS, ma che la stabilità politica e l’affidabilità dell’ordine giuridico svizzero sono altrettanto importanti della regolamentazione bancaria.
Anche l’UDC si oppone al progetto per arginare i rischi legati alle due banche. Il partito denuncia i tempi brevi imposti per conformarsi alla nuova regolamentazione. A questa critica Widmer-Schlumpf replica che UBS e Credit Suisse hanno tempo sino alla fine del 2018 per rispondere alle esigenze in materia di fondi propri e che queste misure renderanno la piazza finanziaria svizzera ancora più solida.
giovedì 21 aprile 2011
Le modifiche alle zone di evacuazione
21 aprile 2011
Articolo pubblicato il: 11,51 GMT
Le autorità giapponesi hanno deciso di rivedere una parte marginale della zona di evacuazione Fukushima e la polizia l'area più strettamente. Il governo ha detto che la zona non è costretto da dosi al suo interno, ma rimane una precauzione fino a quando l'impianto è sotto il pieno controllo.
emergenze nucleari sono state dichiarate dopo lo tsunami del 11 marzo, sia a Fukushima Daini Daiichi e le piante, che perse entrambe le funzioni di raffreddamento finale a mare a causa degli allagamenti. zone di evacuazione sono stati rapidamente ordinato in giro per entrambi, anche se la situazione dello stabilimento di Daini è stato stabilizzato pochi giorni dopo l'incidente ha avuto inizio.
Fino a ieri la situazione era che i residenti sono stati invitati ad evacuare entro i 20 chilometri di Daiichi e di rimanere in casa in un raggio di ulteriori dieci chilometri. Per i Daini, i residenti sono stati invitati ad evacuare nel raggio di dieci chilometri.
Tuttavia, lo stabilimento Daini è solo circa otto chilometri lungo la costa, così la sua zona di dieci chilometri di evacuazione è sovrapposta a quella zona Daiichi tranne un piccolo settore a circa due km di diametro nel punto più largo. Oggi il governo giapponese ha eliminato questa confusione, riducendo la zona centrale Daini 10-8 chilometri.
L'effetto di questo è di semplificare la situazione generale in modo che corrisponda l'ordine di evacuazione principale per quanto riguarda l'impianto danneggiato Daiichi. I pochi residenti della zona marginale che ha cambiato ormai giunto agli ordini di stare in casa a casa, piuttosto che ad evacuare.
Nella conferenza stampa di questa mattina il segretario capo di gabinetto Yukio Edano ha spiegato che l'area coperta dalla zona di evacuazione 'non ha alcun rapporto diretto' per i tassi di dose da misurare. Alcune persone evacuate da Minami Souma si sono lamentati che la loro casa indica le letture di radiazioni molto basso e ha sostenuto che l'evacuazione non era necessario, ma Edano sottolineato la natura cautelare della zona.
Ha detto che la possibilità non toglie che la situazione potesse improvvisamente degenerare e in quella circostanza non sarebbe possibile prevedere dove un rilascio potenziale radiologico sarebbe andato. Per tale ragione è prudente usare un sistema di cerchi concentrici per gli ordini di evacuazione e di preparazione. 'Quando la pianta è sotto controllo, potremmo considerare il sollevamento del evacuazione', ha detto Edano, ma non vi è alcuna prospettiva immediata di questo: sebbene non rilasciare più radioattivo è probabile, il piano TEPCO per Fukushima Daiichi forsees altri sei-nove mesi prima di raggiungere un veramente stabile condizione.
Edano ha detto che è ancora troppo presto per fare una dichiarazione definitiva su un piano di compensazione futuro per le persone colpite. 'Tutto quello che posso dire è che TEPCO sarà ritenuta responsabile e che sarà fatto per fare il pieno risarcimento per chi soffre di questo incidente'. Assicurazione coprirebbe alcune di queste, Edano detto, ma TEPCO avrebbe dovuto fare il pieno risarcimento, pur mantenendo alimentatori e affidabile 'per raggiungere questi obiettivi, il governo avrebbe aiutato TEPCO'. La società sta già pagando un importo provvisorio per le persone per alleviare il disagio attuale.
Fukushima radiation monitoring, 13 March to 17 April (JAIF)
livelli di radiazione sono stati gradualmente in diminuzione dal release principale intorno al 15 marzo. Le letture sono più alti nel villaggio di fiducia che promuove, dove i tassi di dose sono circa 4 microsieverts per ora, rispetto alla radiazione di fondo normale in Giappone di circa 0,25 microsieverts all'ora.
Policing
Domani vedrà l'inizio di un tentativo di polizia dei 20 km zona di evacuazione in maniera più efficace, dopo le preoccupazioni riguardanti i residenti che tornare a casa per controllare le loro case e averi.
Oltre ad una zona di tre chilometri attorno dell'impianto, l'area rimarrà accessibile ai residenti con permesso del capo della polizia locale. Il governo giapponese ha detto che può infliggere ammende in entrata non autorizzati.
Altre condizioni di iscrizione comprende che solo un rappresentante di ciascuna casa famiglia è permesso di venire in una volta e che devono arrivare in autobus con un compagno. Essi devono indossare un soprabito il trasporto di un misuratore di radiazione e transceiver e sottoporre a screening prima della partenza entro due ore.
Le aziende possono anche inviare un dipendente nella zona per controllare la loro sede se riescono a dimostrare 'estrema utilità sociale' della visita.
Ricercato e scritto
dalla World Nuclear News
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Pronto il "porcellum-bis": la riforma elettorale per Camera e Senato | Agenzia DIRE | Agenzia DIRE
Lavori in corso nel Pdl: previsto un nuovo premio di maggioranza, a Montecitorio liste più corte
ROMA - Dopo Pasqua, assieme alla riforma costituzionale della Giustizia, partira' anche quella della legge elettorale. Il cosiddetto 'porcellum-bis', di cui si parla da qualche giorno, sara' pero' una rivisitazione non solo del sistema di voto per l'elezione al Senato ma anche per la Camera.
E' questa la novita' che sta emergendo in casa Pdl e a cui i maggiorenti del partito, a quanto si apprende da qualificate fonti parlamentari, stanno lavorando. Il nuovo disegno di legge, che segnera' un superamento dell'attuale legge Calderoli, sara' depositato subito dopo Pasqua a Palazzo Madama, dove in commissione Affari costituzionali si riprendera' a lavorare sulla riforma del sistema di voto. In commissione ci sono gia' 29 proposte dei vari gruppi, tra cui una del vicepresidente vicario del Pdl, Gaetano Quagliariello, di cui in questi giorni si parlava come possibile testo base. E invece, spiegano le fonti del partito, quella proposta verra' ritirata per sostituirla con una di tutto il gruppo Pdl al Senato.
Qualcosa sui contenuti gia' trapela. Per quanto riguarda il meccanismo di voto per il Senato, si trattera' di un'evoluzione dell'attuale ddl Quagliariello che prevede il premio di maggioranza nazionale anche per Palazzo Madama (la cosiddetta norma per arginare il Nuovo Polo di Casini e Fini). Sara' pero' studiato un nuovo meccanismo per evitare che il testo sia anti-costituzionale, visto che il Senato, come recita la Costituzione, e' eletto su base regionale. Nella nuova versione il premio di maggioranza nazionale sara' ripartito Regione per Regione (i tecnici stanno ancora limando il testo).
Ma la vera novita' sara' la riforma del sistema alla Camera, che rimettera' mano alla grandezza delle circoscrizioni (che saranno rimpicciolite) e alla 'lunghezza' delle liste (che saranno piu' corte). E questo potrebbe pero' rendere piu' complicato il lavoro di chi, alle prossime elezioni, dovra' scegliere i candidati perche' i posti saranno di meno.
L'accordo che c'e' nella maggioranza e' quello di far partire al Senato la riforma della legge elettorale (a cui verra' associata la riforma dell'assetto Stato), mentre Montecitorio sara' impegnata con la riforma della Giustizia di Alfano.
La notizia trova conferma anche dal fatto che il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Carlo Vizzini, nel corso di una seduta dei giorni scorsi, aveva preannunciato l'arrivo di un nuovo testo del gruppo di maggioranza per la revisione della disciplina elettorale.
21 aprile 2011
Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte «Agenzia Dire» e l'indirizzo «www.dire.it»
TMNews - Giappone, turismo a picco dopo tsunami e disastro nucleare
I commercianti: cali del 50-70% ma è sicuro, tornate a visitarci
Il dramma nucleare di Fukushima, seguito allo tsunami dell'11 marzo 2011, sta mettendo in ginocchio l'economia e soprattutto il turismo in Giappone. Qui siamo ad Asakusa, uno dei quartierei più popolari di Tokyo. Normalmente è meta di migliaia di turisti amanti dello shopping e della bancarelle di prodotti tipici. Ma dopo il disastro, qualcosa è cambiato. 'Il numero dei clienti è drasticamente diminuito - dice questo conduttore di risciò - soprattutto i turisti stranieri, penso intorno al 70%'.'Questa è la stagione dei turisti - aggiunge un commerciante - normalmente qui ci sono un sacco di studenti ma adesso c'è un calo di oltre il 50%'. Qui vicino c'è il tempio buddista di Sensoji, uno dei luoghi di culto più antichi della città.'Questo quartiere - spiegano le simpatiche venditrici di polpette di polpo - è sicuro ed è bellissimo, soprattutto per gli stranieri, venite a visitarlo non ve ne pentirete'.
PRIMI IN EUROPA PER BUROCRAZIA E FISCO
Bortolussi: “Ha ragione Tremonti: basta con un fisco opprimente ed una burocrazia ottusa. Lavorare in queste condizioni costringono gli imprenditori italiani, soprattutto i piccoli, ad operare con livelli di eroicità non riscontrabili in nessuna altra parte dell’Europa occidentale.”
“Per assolvere i 15 diversi pagamenti richiesti dal fisco italiano, le nostre piccole e medie imprese perdono complessivamente 285 ore l’anno, con un prelievo fiscale che, mediamente, è pari al 68,6% degli utili realizzati dall’azienda. Un risultato che non ha eguali tra i principali Paesi Ue. Se, poi, analizziamo il costo medio totale della burocrazia che grava su una Pmi, l’importo fa accapponare la pelle: oltre 1.200 euro l’anno per addetto, che sale ad oltre 1.500 euro per una micro azienda con meno di 10 dipendenti. Un vero salasso”.
Questa dichiarazione è del segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, che prosegue:
“Ha ragione Tremonti: basta con un fisco opprimente ed una burocrazia ottusa. Lavorare in queste condizioni costringe gli imprenditori italiani, soprattutto i piccoli, ad operare con livelli di eroicità non riscontrabili in nessuna altra parte dell’Europa occidentale”
Le dichiarazioni del segretario degli artigiani mestrini trovano conferma nell’ultima analisi realizzata dal suo ufficio studi che, su dati della di World Bank/IFC, ha analizzato i tempi e i costi medi necessari per espletare gli adempimenti fiscali a carico delle piccole e medie imprese presenti nei principali Paesi dell’Ue. Ed i risultati, per i nostri colori, sono impietosi. Il tempo necessario per espletare i pagamenti fiscali nel nostro Paese si aggira sulle 285 ore l’anno. In Germania, invece, sono necessarie 215 ore, in Spagna 197 e in Danimarca 135. Chiude questa particolare graduatoria l’Irlanda con 76 ore. Anche il carico fiscale che grava sulle spalle dei nostri piccoli imprenditori non ha eguali in Europa. Se da noi il peso delle tasse sugli utili dell’azienda è pari al 68,6%, in Francia è al 65,8%, in Spagna al 56,5% e in Svezia al 54,6%. Chiude la classifica sempre l’Irlanda con un carico fiscale pari al 26,5%.
Solo tra il numero di pagamenti fiscali lasciamo la prima posizione ad altri. Infatti, la Germania guida questa classifica con 16 scadenze, ma subito dopo ci piazziamo noi con 15. Al terzo posto, tutti con 9 pagamenti, troviamo i Paesi Bassi, la Danimarca e l’Irlanda.
Infine, dalla CGIA di Mestre ricordano che l’Unione europea ha definito le Pmi le imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro, oppure il cui bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Queste aziende sono il vero motore dell’economia continentale: nell’Ue dei 25 sono circa 23 milioni, danno lavoro a 75 milioni di persone e rappresentano il 99% di tutte le imprese.
Meet Keratea: Greece's War Zone
One of the more interesting 'war zones' that most have never heard of is not in North Africe, nor in the Middle East, but in Greece. Meet Keratea, a small city of 15,000 people located close to Athens, where after over 100 days of struggle between authorities and the broder population, the riot police has officially decided to abdicate the city to its fate in what is the first popular mini-revolution in the developed world. From the Independent: 'As explosions boom, the town's loudspeakers blare: 'Attention! Attention! We are under attack!' Air-raid sirens wail through the streets, mingling with the frantic clanging of church bells. Clouds of tear gas waft between houses as helmeted riot police move in to push back the rebels. This isn't a war zone, but a small town just outside Athens. And while its fight is about a rubbish dump, it captures Greece's angry mood over its devastated economy. As unemployment rises and austerity bites ever harder, tempers seem to fray faster in Greece, with citizens of all stripes thumbing their noses at authority. Some refuse to pay increased highway tolls and public transport tickets. There has been a rise in politicians being heckled and even assaulted. Yesterday, in Thessalonika, scores of activists were arrested after violent clashes with police.' Meet the new and improved face of austerity: now in a small town in Greece, which is about to default all over again, and soon in many other places in the increasingly more insolvent European periphery.
The anger is most palpable in Keratea, a town of 15,000 people 30 miles south of Athens which appears to have spun out of control. The state's attempt to start work on a planned landfill site on a nearby hillside in December caused locals to set fire to construction vehicles and erect massive roadblocks on a road that bypasses the town and runs to the capital. It's a fight that has galvanised the town, from the mayor and the local priest to shopkeepers, farmers, schoolteachers and teenagers.
Within hours, the confrontation degenerated. Masked youths hurled firebombs and rocks at riot police, who responded with rubber batons and repeated volleys of tear gas. A police helicopter circled overhead. 'The town is out of control. Business activity has stopped,' said Yannis Adamis, a resident and mechanical engineer. 'The stores are closed. The sirens are blaring, the [church] bells are ringing, people are on the streets. This cannot continue.'
In nearby streets, gaggles of teenage girls, cut lemons held to their noses to ward off tear gas, mingled with young men in balaclavas, stocking up on rocks to throw at police. An elderly man wielding a shepherd's staff stormed past. "We've learned at the age of 60 about Molotov cocktails," he thundered through his gas mask – an accessory sported by young and old alike. He would give only his first name, Panagiotis. By the end of the night, more than 20 people – including three riot policemen – had been treated in hospital. Just after midnight, a police officer's home was attacked with firebombs, leaving three cars destroyed. The officer and his wife, who is also in the police force, and their four children were home at the time but unharmed, police said.
The city's fate had been to be relegated to an Athens trash dump expansion:
A government spokesman, Giorgos Petalotis, condemned the violence, and
said the government had no intention of abandoning its plans to build
the landfill site, which it said would ease problems at Athens's single
rubbish dump. 'We are the only authority that has comprehensive plans
for [greater Athens] regional development. We will not abandon the
effort that has been made and is currently being made to build this new
facility,' he said.
That fate is now over: As Occupied London reports, the city is now in the hand of the rioters.
As announced a few hours ago, the ministry of citizen protection announced its plan to withdraw all police forces from Ovriokastro and Keratea. It has also been decided that the construction machinery will be withdrawn from the area and that the ministry of environment will enter into negotiations with the municipality.
At 17.08 GMT+2, the largest part of the riot police forces had withdrawn from Keratea.
There is a feeling of victory running across the barricades of Keratea as the police buses leave. Is this a victory for the people of Keratea? Or a tactical move on the side of the government, ahead of the easter break?
So what happens next, aside from Athens being forced to breathe in its own squalor? As more see the example of the Keratea rebellion, ever more of the population first in Greece, and soon in other 'oppressed' by austerity countries will resort to the same methods. What does this mean for economic growth in Europe. We will likely discover soon enough although not before the sellside advises us how this is all very bullish for long term growth. After all, think of all the Keynesian economic boosts and inventory destocking provided from constantly replacing Molotov cocktail ingredients.
In other words, get familiar with this imagery...
Agenzia Radicale - Malesia: “centro di addestramento” anti-gay
Nello stato conservatore di Terengganu in Malesia, 66 scolaretti tra i 13 e i 17 anni identificati dagli insegnanti come “effeminati”, hanno iniziato a frequentare delle sedute di assistenza psicologica che, discostandoli dal loro presunto orientamento omosessuale, li avrebbero “riportati sulla retta via”.
Un vero e proprio “centro di addestramento correttivo” per correggere il fare effeminato degli alunni musulmani; un concentrato in quattro giorni di educazione religiosa e fisica al termine dei quali gli scolaretti sarebbero risultati “guariti”.
Ma al Ministro delle Donne Shahrizat Abdul Jalil il progetto educativo non è proprio andato giù e ne ha chiesto la sospensione. A suo avviso, infatti, selezionare i ragazzini in base ai loro modi femminei, o presunti tali, non è solo dannoso per la loro salute mentale, ma rappresenta un vero e proprio trauma. Oltre a violare al Child Act, che protegge i bambini da qualsiasi tipo di pregiudizio.
Alle proteste del politico malese si aggiungono quelle dei sostenitori dei diritti degli omosessuali secondo i quali l’iniziativa promuoverebbe l’omofobia in un Paese a maggioranza musulmana dove i rapporti gay sono ancora illegali.
Razali Daud, direttore dell’istruzione di stato, ha risposto alle polemiche specificando che i ragazzi erano stati invitati al raduno senza per questo essere obbligati a prenderne parte.
“Come educatori dobbiamo fare qualcosa – ha affermato Daud - prima che questi giovani raggiungano un punto di non ritorno”. Ha inoltre aggiunto che nonostante in Malesia esistano omosessuali e travestiti, le autorità vogliono diminuire drasticamente il loro numero.
Tuttavia parte delle “colpe” – sempre secondo Daud - va attribuita alle famiglie di questi ragazzi che, vestendoli con abiti da femminili sin dalla tenera età, comprometterebbero la loro virilità.
In Malesia dove essere omosessuale è illegale, i gay sono costantemente discriminati dalle politiche del governo, tra le quali spicca una legge che fa della sodomia un reato punibile con 20 anni di carcere.
Gli attivisti hanno giudicato orribile che gli educatori perseguano i bambini perché esprimono la loro personalità e identità e il Joint Action Group, che si batte per la parità dei sessi ha detto che “un centro di addestramento correttivo” viola il diritto di quelle persone percepite come differenti oltre che “promuovere l’omofobia e il pregiudizio”.
Dello stesso parere Pang Khee Teik, attivista per i diritti sessuali e cofondatore di Seksualiti Merdeka, ha inoltre aggiunto: “Tutto ciò che impareranno gli studenti da questo camp è che le persone si aspettano da loro determinati comportamenti. E, allo scopo di evitare ulteriori situazioni ridicole, impareranno a fingere meglio. Alla fine gli stiamo solo insegnando come essere ipocriti”.
Moody’s, peggiorano le previsioni sulle banche egiziane
L’agenzia di rating internazionale Moody’s ha rivisto al ribasso la sua valutazione tendenziale sul settore bancario del Cairo, il cui outlook passa da stabile a negativo. Sono cinque gli istituti maggiormente esposti. A minacciarne l’affidabilità è l’aumento del debito sovrano, sui cui pesa una bassa valutazione, al quale si aggiungono i disordini nella regione, fonte di instabilità economica.
Le banche in questione posseggono il 26% del debito nazionale. Secondo l’agenzia di rating il loro livello di solidità dipende dai depositi di risparmio privati. Il vicegovernatore della banca centrale, Hisham Ramez, ha invece confermato la sua fiducia negli istituti di credito. Per Moody’s, il prodotto interno lordo egiziano crescerà solo del 2% nei prossimi 12-18 mesi, con il calo del settore turistico, la diminuzione degli investimenti esteri e un indebolimento dei consumi interni. Il debito del Cairo era stato già declassato a Ba3, con outlook negativo, il 16 marzo.
Gran Bretagna e Francia: opinioni diverse sull'invio di truppe in Libia e visita dei leader dell'opposizione libica in Italia - Radio Cina Internazionale
Il 19 aprile, il ministro degli Esteri francese, Alain Juppe, si è detto fermamente contrario all'invio di truppe di terra in Libia. Lo stesso giorno, il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha affermato che la Gran Bretagna manderà personale militare a Benghazi in Libia per fornire un supporto nella logistica e nella telecomunicazioni alle forze armate dell'opposizione libica.
Il 19 aprile, il presidente del Consiglio nazionale di transizione libico, Mustafa Abdel Jalil, nel corso della sua visita in Italia, ha avuto un colloquio con il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini. Dopo l'incontro, Frattini ha affermato che l'Italia consente con la fornitura di impianti di telecomunicazione e radar alle forze armate dell'opposizione libica. Jalil ha detto che in futuro, la Libia darà la precedenza, nell'ambito della cooperazione, all'Italia, alla Francia e al Qatar.
lo stesso giorno, presso il Quartier generale della Nato a Bruxelles, il portavoce dell'organizzazione, Oana Lungescu, ha affermato che la Nato e l'Ue terranno entro le prossime settimane una riunione congiunta ufficiale a livello di ambasciatore, per discutere della situazione della Libia.
I raid Nato colpiscono la periferia di Tripoli, 7 le vittime civili accertate - CronacaLive
TRIPOLI / Sono 7 i civili morti durante il raid Nato compiuto nella notte tra il 20 1 il 21 aprile contro la periferia di Tripoli. A rendere noto il bilancio delle vittime la televisione di Stato libica che individua il quartiere di Khellat Al-Ferjan nella periferia di Tripoli, come il centro del bombardamento.
L’emittente ha sostenuto inoltre che i rais della coalizione abbiano preso di mira anche altre località libiche come Bir Al-Ghanam, quartiere sito a meno di 50 chilometri a sud della capitale. Per la tv di Stato anche le sedi della radio televisione pubblica e i ripetitori dei telefoni sarebbero al centro delle attenzioni della Nato. L’emittente ha mostrato, durante il servizio informativo, le immagini di una manifestazione svoltasi nella sera del 20 aprile a sostegno del regime, organizzata nei pressi di un impianto di telecomunicazioni appena fuori Tripoli.
mercoledì 20 aprile 2011
Schwarzenegger torna in politica: obiettivo presidenza Ue | Newnotizie
Obiettivo Bruxelles. Arnold Schwarzenegger punta a diventare presidente dell’Unione Europea. Naturalizzato statunitense, l’ex culturista ha tuttavia origini austriache. È infatti nato a Thal, un piccolo comune nella regione della Stiria che è situato nella parte meridionale del Paese. Proprio grazie a queste origini europee, Schwarzenegger, 64 anni, avrebbe tutte le carte in regole per concorrere alla presidenza dell’Ue. Avversario per la carica è il meno celebre Herman Van Rompuy, 63 anni, attuale presidente dell’Ue, il cui mandato scadrà nel maggio 2012. Le elezioni si terranno perciò durante il prossimo anno, tuttavia il quattro volte “Mister Universo” sembra avere già le idee chiare sul suo futuro.
Uomo giusto per l’Ue. Schwarzenegger è deciso a proseguire la sua carriera politica. Abbandonata la carica di Governatore della California dopo otto anni a causa della scadenza del duplice mandato, l’ex attore ha deciso di puntare più in alto. Scartata l’ipotesi di una sua candidatura alle presidenziali Usa, in quanto non essendo nato negli Stati Uniti non può concorrervi, ha spostato le sue mire verso l’Europa. Il suo primo sostenitore in quest’ardua scelta è stato Terry Tamminen, suo ex capo di gabinetto, il quale ha rilasciato un’intervista alla rivista statunitense “Newsweek”. “Nei prossimi anni – ha detto l’uomo, esperto di energia e ambiente – l'Unione Europea dovrà trovare un presidente di spessore, qualcuno capace di unificare l'Europa”. Un ruolo che calzerebbe a pennello a Schwarzenegger, soprattutto dopo il suo duro e lungo lavoro in California.
Il grande salto. Essere eletto non sarà semplice, ma la posizione di outsider potrebbe giocare a suo favore. “I francesi non vorranno un tedesco – ha ironicamente avvertito Tamminen – e i tedeschi non vorranno un italiano. E se scegliessero un europeo trasferito negli Stati Uniti, risuscitando la visione di un [George] Washington o di un [Thomas] Jefferson di una nuova Europa unificata?”. Un’idea senza dubbio allettante, sebbene il contesto politico statunitense sia piuttosto diverso da quello europeo. Schwarzenegger è inoltre raffigurato nelle menti di tutti come l’attore di Terminator e Conan e non sarà semplice vestirlo da politico, soprattutto poiché l’eco dei suoi successi oltreoceano arriva debole in Europa. Quanti sarebbero disposti a investirlo di una carica politica così importante? Per il momento non molti, ma qualora Schwarzenegger decidesse di concorrere seriamente alla carica tutti sanno che… avrà sicuramente ottimi assi nella manica!
Oro: sale a 1.506 dollari; argento a 45 dlr, - Swisscom
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Il prezzo dei metalli preziosi continua a salire.
Foto: Keystone
L'oro prosegue la sua corsa e avanza a 1.506,50 dollari l'oncia a New York. In progresso anche l'argento che tocca i 45,195 dollari l'oncia dopo essersi spinto fino a 45,265 dollari, il massimo dal 1980.
In Cina, India e Corea 32 nuove centrali a rischio. - Lettera43
di Barbara Ciolli
Nonostante Cina e India abbiano annunciato una mortatoria e maggiori controlli sui piani di sviluppo e sulle centrali nucleari, il rilancio dell'atomo procede a pieno ritmo.
Secondo un'analisi del quotidiano China Daily, tra le centinaia di reattori programmati o in costruzione in Asia nei prossimi anni, almeno 32 sono a rischio tsunami: «L'area più sismica al mondo sta vivendo un vero e proprio rinascimento nucleare, programmato per soddisfare i consumi del boom economico e demografico».
CENTRALI A PROVA TSUNAMI. Nonostante i dati dell'Earth observatory of Singapore e delle università internazionali sul progettare impianti nei Paesi che si trovano sulla cintura di fuoco, l'area più sismica al mondo, le potenze in via di sviluppo non retrocedono dal costruirli. Ma pensano, piuttosto, a come progettarli a prova di tsunami: il 21 maggio 201,1 i capi di Stato e di governo di Giappone, Cina e Corea del Sud hanno fissato un summit sulla cooperazione e sicurezza delle centrali, per parlare proprio di «come affrontare insieme le catastrofi».
LA MARCIA NUCLEARE CINESE. La stessa China nuclear energy association, l'agenzia nazionale che sta guidando il piano di espansione più grande al mondo, ha confermato che la moratoria, annuciata nel marzo 2011 dopo la catastrofe di Fukushima, «sospenderà le autorizzazioni per le nuove centrali, per lo meno fino al 2012», ma «senza rimettere in discussione i piani a breve e a lungo termine».
TAIWAN, INDIA E PACHISTAN. Gli impianti (sono almeno 23 i reattori in costruzione nei prossimi anni) «vanno perfezionati e migliorati», ha dichiarato il premier Wen Jiabao.
Nessuna retromarcia neppure da Corea del Sud e Taiwan, altri due Paesi che si trovano lungo le faglie sismiche del Pacifico che hanno varato piano di ampliamento del nucleare. Né da Pachistan e India, dove pure, hanno ricordato gli scienziati, le centrali lungo la costa sono a forte rischio tsunami, come i grandi terremoti del passato hanno dimostrato.
fasi di controllo polveri fino a Fukushima
20 APRILE 2011
Articolo pubblicato il: 12:40 GMT
UPDATE 1: 14:23 GMT, mappa delle zone a spruzzo e dati robot
Su larga scala di spruzzatura degli agenti per il controllo dispersione di polvere si sta svolgendo a Fukushima Daiichi. Il lavoro dovrebbe limitare di viaggio di materiale radioattivo al di là del confine del sito.
Nella sequenza lungo infortunio della centrale dopo lo tsunami del 11 marzo ci è stato di sfiato del vapore radioattivo e l'apparente rottura dell'unità 2 di toro così come gli incendi vicino a varie piscine di combustibile utilizzato e di esplosioni di idrogeno. Tutti questi sono serviti a distribuire radionuclidi, molti dei quali sbarcati nelle immediate vicinanze del sito su un terreno fangoso lasciato dallo tsunami.
Anti-scattering test at Fukushima Daiichi Click to enlarge
A sinistra: Un lavoratore TEPCO test anti dispersione agente in una zona disseminata di detriti nei pressi del carburante condivisa utilizzata stagno; Destra: Zone che viene spruzzato
Dalla fine di marzo Tokyo Electric Power Company ha intrapreso varie prove di un agente chimico destinato a legare la polvere sul posto in particelle più grandi che sono meno probabilità di essere trasportata dal vento. Ora, questi studi sono stati estesi ad un'area molto più grande intorno ai bordi meridionali e occidentali degli edifici stabilimento principale.
TEPCO detto 'trial', proseguirà fino al 26 aprile e che sarà condotta l'uso su vasta scala a partire dal 26 aprile fino alla fine di maggio.
Robot restituire i dati
Robot controllato a distanza esplorare le condizioni all'interno del reattore edifici delle unità 1, 2 e 3 hanno rispedito i seguenti dati.
Unità 1
Radiazioni: 10-49 millisiverts all'ora
Temperatura: 28-29 º C
Umidità: 49-56%
Unità 2
Radiazioni: 4.1 millisiverts all'ora
Temperatura: 34-41ºC
Umidità: 94-99%
Unità 3
Radiazione: 28-57 millisiverts all'ora
Temperatura: 19-22ºC
Umidità: 32-35%
L'ossigeno è a circa la densità atmosferica normale del 20% in tutti e tre unità.
L'alto tasso di umidità in unità 2 è necessariamente correlato alla dispersione sospettata in corso di acqua di raffreddamento dal contenimento al piano seminterrato dell'edificio turbina. TEPCO non ha commentato che o il valore apparentemente anomalo basso per le radiazioni.
Ricercato e scritto
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Shanghai Index: momento chiave per il grafico
Lo Shanghai Composite Index è l’indice di riferimento per il mercato cinese e si sta comportando in modo decisamente interessante:
a) Testa spalle rovesciato
b) Figura completata
c) Correzione fino alla neckline
d) Formazione di trend rialzista
e) Figura triangolare in formazione
Guardando il grafico non occorre essere degli analisti tecnici fenomenali per capire quanto importante è l’area in cui ci troviamo ora.
Grafico Shanghai Composite Index
La violazione della trendline di breve porterà una correzione, ma se si rompe il triangolo al rialzo, sarà l’ennesimo segnale di forza di un mercato che ha il futuro dalla sua parte per gli innumerevoli motivi discussi più volte su questo blog.
STAY TUNED!
DT
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Rinnovabili.it: Rapporto Irex 2011: gli scenari della finanza nelle FER italiane
E’ stato presentato ieri, in occasione del convegno organizzato a Roma presso la sede del GSE, il Nuovo Rapporto IREX 2011 (Italian Renewable Index) a cura dalla società Althesys, specializzata nei settori strategici dell’ambiente e dell’energia a sostegno delle imprese e delle istituzioni.
Lo studio, già presentato a Milano lo scorso 15 Aprile, ha incentrato, (di fronte ai diversi rappresentanti del mondo delle istituzioni, delle aziende di settore, delle associazioni, delle autorità e degli stakeholder), le sue osservazioni sugli aspetti della politica energetica italiana, grazie ad una “mappatura analitica” degli investimenti nel comparto nazionale delle energie rinnovabili che ha permesso di delineare le tendenze strategiche e finanziarie prevalenti, considerando il trend del triennio 2008-2010.
Lo scenario affiorato dai dati di Althesys, ha evidenziato, nel corso del convegno, una crescita esponenziale degli investimenti italiani nel settore fotovoltaico, sottolineando però, un’egemonia della filiera eolica per quanto riguarda le dimensioni degli impianti e i Megawatt di potenza installati, grazie anche alle manovre finanziarie delle aziende italiane all’estero.
Le analisi del Rapporto Irex sugli scenari legati ai meccanismi di incentivazione delle FER, hanno offerto lo spunto agli esperti settore per confrontarsi, nel corso dell’appuntamento, sulle stime in crescita degli incentivi alle rinnovabili finanziati attraverso le bollette per l’elettricità. Secondo Alberto Biancardi, commissario dell’Autorità Energia Elettrica e Gas – “se non ci fossero stati gli incrementi tariffari dovuti alle rinnovabili, l’incremento nelle bollette per le famiglie e per le imprese sarebbe stato inferiore all’1% ed invece è stato quasi pari al 4%
Quello che secondo me, – continua Biancardi – non ha funzionato, è il conto energia. Attraverso di esso è stato chiaro che non c’è uno strumento migliore dell’altro: aste, certificati etc, non hanno portato dal nostro punto di vista da nessuna parte. Si può anche scegliere una regola, però poi la si deve tenere stabile ed adeguare l’incentivo al costo in modo trasparente. A mio avviso non siamo riusciti a tenere fermi i limiti di quantità delle incentivazioni.”
Di parere diverso è stato Valerio Natalizia, presidente del Gifi: “Non sono completamente d’accordo sul fatto che il conto energia abbia fallito. Ha parzialmente fallito perché sono stati introdotti dei meccanismi, quali ad esempio il decreto “salva alcoa”. Dopodiché – aggiunge Natalizia – noi del Gifi siamo stati i primi a dire che il sistema di incentivazione con tariffe troppo alte non è salutare, al tempo stesso però gli incentivi servono ad accompagnare lo sviluppo del fotovoltaico e devono servire in misura tale da evitare distorsioni e speculazioni.”
convegno irex gse althesys Il Rapporto IREX – Analisi degli investimenti Quello che emerge dai dati del Rapporto IREX è la presentazione di un comparto, quello delle FER, in marcata crescita, nonostante la crisi economica e le incertezze ricorrenti nel quadro normativo nazionale.
“Abbiamo mappato” – sostiene Alessandro Marangoni (amministratore delegato di Althesys) – “solamente gli investimenti di taglio industriale, superiori al Megawatt in termini di dimensioni degli impianti da FER, e quello che emerge dalle nostre analisi è la bellezza di 12,3 miliardi di euro di investimenti nell’anno 2010 e 5165 Megawatt impiantati”. La prospettiva che Althesys suggerisce nel suo studio, è che questi investimenti – che equivalgono a quasi lo 0,4% del Pil italiano – risultano da 203 operazioni finanziarie, realizzate nel nostro paese e da imprese italiane all’estero. Di queste, circa la metà è costituita da investimenti in nuovi impianti o in nuovi progetti, un 20% circa da accordi di fornitura, e il restante 30% da operazioni esterne (join venture, accordi tecnologici, etc).
A realizzare questi interventi, sempre secondo Althesys, sono, per il 45% dei casi, imprese focalizzate sul settore delle rinnovabili (pure renewable) seguite dai player energetici tradizionali (circa 25%). “I dati dimostrano -continua Marangoni – quanto la presenza delle pure renewable, già a partire dal 2008 e fino a tutto il 2010, sia continuata a crescere insieme ad una partecipazione sempre più consistente degli operatori energetici tradizionali e conferma il consolidamento di un settore –quello delle rinnovabili – sempre più orientato verso uno sviluppo a carattere industriale piuttosto che di puri investimenti finanziari”.
Analisi costi-benefici Un altro importante aspetto del Rapporto IREX, è la parte relativa all’analisi costi-benefici, in cui viene tracciata una linea di bilancio sui costi dello sviluppo delle rinnovabili in Italia e sui benefici di una simile crescita.
L’analisi è programmata attraverso delle ipotesi fino all’anno 2020 – data di scadenza degli obiettivi del pacchetto Energia-clima dell’Ue – e prevede due possibili scenari di crescita:
1) Lo scenario di Business As Usual (BAU) – basato sostanzialmente sullo stesso PAN (Piano d’Azione Nazionale)
2) Lo scenario di Sviluppo Accelerato (ADP) – che si basa sul potenziale italiano.
I dati mostrano che, nello sviluppo delle FER al 2020, il saldo netto positivo per l’Italia è stimato tra 24,2 e 32,3 miliardi di euro, in aumento rispetto ai calcoli del 2010.
Inoltre, la spesa per gli incentivi (ipotizzati in calo fino ad azzerarsi con la grid parity al 2020 nello scenario BAU) è più che bilanciata dai numerosi benefici: aumento di occupazione e indotto, ricadute sul Pil, diminuzione delle emissioni e minor dipendenza energetica.
convegno irex gse althesys Efficienza energetica Le analisi condotte da Altesys, producono infine dei dati interessanti per quanto riguarda il comparto dell’ efficienza energetica, che non sembra essere stata, fino ad oggi, al centro delle politiche energetiche italiane.
Lo studio in questo quadro, è stato inteso prevalentemente come programma di sviluppo delle FER, proprio in virtù della stretta connessione che intercorre tra un’attuazione delle politiche di efficienza ed un maggiore o minore investimento finanziario rivolto alle energie rinnovabili.
Secondo Altesys, l’efficienza energetica non rientra in modo diretto negli obiettivi previsti dalla Direttiva 20-20-20, tuttavia con l’assenza di un’adeguata politica di efficienza (e di uso razionale dell’energia) verrebbe ad imporsi, in ultima analisi, una spesa ancora maggiore per l’installazione di ulteriore potenza nelle rinnovabili, (da 1,6 Gigawatt – con efficienza a 8,2 GW – senza efficienza), rispetto a quanto già previsto dal PAN al 2020. Ciò comporterebbe quindi, una maggior spesa per incentivi attesi tra i 14,2 e i 24,4 miliardi di euro.
Anche secondo Paolo Frankl, responsabile del settore Rinnovabili dell’IEA (International Energy Agency) – “l’efficienza energetica e l’uso razionale dell’energia è assolutamente la prima cosa a cui fare riferimento. La prima buona politica a favore delle FER è guardare anche nel contesto dell’efficienza energetica.”