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martedì 19 aprile 2011

Il “fortunato” Damocle e il crine di cavallo che sostiene la spada… | Il “fortunato” Damocle e il crine di cavallo che sostiene la spada…

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di Pier Paolo Soldaini

Mi fa piacere che FunnyKing mi abbia chiamato in causa dandomi così occasione di tornare nuovamente sul mio articolo riguardo l’andamento del Margin Debt USA, postato la scorsa settimana, per liberare il terreno da qualsiasi tipo di distorsione interpretativa. Ci tengo in questo senso a non essere frainteso proprio perché volevo porre l’accento su determinati aspetti della questione, a prescindere in ogni caso dalle interpretazioni soggettive che per me rappresentano comunque contributi apprezzabili alla medesima, e la arricchiscono facendone oggetto di dibattito aperto. Farò una riflessione sintetica e per punti, ribadendo in particolar modo i concetti espressi nella seconda parte dell’articolo.

1) IL Margin Debt cresce a velocità crescente. L’ammontare dell’indicatore è salito da 173 a 310 miliardi negli ultimi 24 mesi, ed è aumentato oltre il 30% negli ultimi sei (235 miliardi agosto 2010), ma resta ancora lontano dai massimi di sempre (381 miliardi del luglio 2007). Tali massimi si sono verificati in condizioni di mercato “normali”, cioè senza distorsioni da inondazione monetaria (QE).

2) Uno dei fattori principali che può ridurre la convenienza all’indebitamento è il tasso d’interesse. Negli USA esso resta, almeno per il momento, sui minimi di sempre. Anche nel caso in cui dovesse essere ritoccato al rialzo (poniamo anche di 75 bp in una botta), la convenienza ad indebitarsi per esporsi sull’equity rimarrebbe. Anche per il fatto che:

3) “Flight to Quality”. La vecchia strategia di riallocazione di portafoglio dall’equity ai bonds oggi non ha alcun senso. Anzi, è probabile che il concetto si sia rovesciato considerando in che acque stanno navigando i debiti sovrani anche alla luce dell’outlook negativo posto da S&P, proprio nelle ore recenti, sul debito a stelle e strisce.

4) Inflazione. Le tensioni inflattive sono modeste, e provengono principalmente dal comparto “Energy”, all’interno del quale i carburanti fanno la parte del leone per le problematiche legate ai paesi produttori di petrolio. Comincia a fare capolino, nell’ultimo rapporto sul CPI di marzo, anche la componente “Food”, ma l’inflazione core sale di un modesto 0,1%. E qui mi ricollego all’articolo dello stesso FunnyKing: “L’inflazione è un fatto monetario e non ci sarà”. Perché ? Per il semplice motivo che la catena di trasmissione delle politiche monetarie all’economia reale è inceppata da tempo. I fiumi di liquidità non si sono tradotti né in investimenti né in consumi, e non è neanche lontanamente pensabile che questo accadrà in futuro. La poca liquidità che arriva al sistema reale viene utilizzata prevalentemente per ripagare debiti pregressi, il resto è trattenuta nel sistema bancario e dagli investitori istituzionali per gonfiare la speculazione su materie prime e equity.

5) Aggiungo una considerazione: i debiti sovrani alla deriva, la catastrofe giapponese, la crisi geopolitica del Nord Africa, ai quali si è aggiunto in queste ore l’outlook negativo sul debito USA, non sono state in grado di abbattere, ma solo di frenare, la corsa dell’equity.

Detto questo appare evidente da che cosa può dipendere l’eventuale dietrofront dei mercati azionari.

Solo se la Fed dovesse smettere di “stampare” biglietti verdi come se fossero figurine Panini, sarebbe plausibile un improvviso crash dell’equity determinato dall’inevitabile e automatico margin call. E’ questo il crine di cavallo che sostiene ancora la spada sospesa sopra il capo del “fortunato” Damocle. Fino a che questo crine non verrà spezzato, ma soprattutto finchè Damocle non avrà paura che si spezzi, il rialzo dell’equity non potrà che… continuare!




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