Elenco blog personale

giovedì 5 maggio 2011

America Latina sempre più asiatica | Costruendo L'Indro

America Latina sempre più asiatica | Costruendo L'Indro:


Lima - Quattro Paesi in America Latina rappresentano da soli il 55% delle esportazioni regionali (430.000 milioni di dollari) ed il 34% circa del PIB. Si tratta di Messico,Cile, Perù e Colombia. Questi Paesi il 28 Aprile hanno firmato,a Lima, l’ ‘Accordo del Pacifico’, intesa che prevede, tra l’altro, una nuova borsa latinoamericana, lo stimolo al libero commercio di beni e servizi, l’intensificazione degli investimenti, ma anche il libero movimento delle persone e maggior collaborazione con il MARCOSUR (Brasile,Argentina,Uruguay e Parguay), detentore di un flusso economico di circa 540.000 milioni di dollari, mentre i Paesi dell’Accordo del Pacifico esprimono già un movimento di oltre 870.000 milioni.

Nè il MERCOSUR nè l’UNASUR (l’Unione delle Nazioni Sudamericane) sembrano, almeno per ora, preoccuparsi.
E’ stato il governo brasiliano, forse il più rappresentativo, a parlare in nome di MERCOSUR e UNASUR, dichiarando che questo nuovo accordo non sarà la causa di nessun conflitto tra i blocchi in questione.
Dichiarazioni che volutamente ignorano quelle di Alan Garcia, Presidente peruviano, che con un atteggiamento spregiudicato, ha dichiarato di vedere nell’Accordo del Pacifico un progetto che fa da contrappeso non solamente all’UNASUR, ma anche a l’ALBA (Alternativa Bolivariana para América Latina y el Caribe), un “un meccanismo di integrazione che parte da presupposti opposti ad altri modelli”, in primo luogo UNASUR e ALBA. L’Alternativa Bolivariana per le Americhe è un progetto di cooperazione politica, sociale ed economica tra i Paesi dell’America Latina ed i Paesi caraibici, promossa dal Venezuela e da Cuba, in alternativa all’Area di Libero Commercio delle Americhe, l’ALCA (Área de Libre Comercio de las Américas) voluta dagli Stati Uniti, quale estensione ai Paesi dell’America Latina esclusa Cuba del NAFTA (Tratado de Libre Comercio de América del Norte) il Trattato di libero commercio tra USA, Messico e Canada.
Insomma, il messaggio di Garcia è quello che l’Accordo del Pacifico costituirà un ‘blocco liberale’, che, al di là delle dichiarazioni contenute nel Trattato stesso, ha l’ambizione di far valere i propri numeri, e l’appoggio nordamericano, sul MERCOSUR ma anche su ALBA, “contrastare l’egemonia del Brasile e del MERCOSUR”, e divenire strategico sia politicamente che economicamente -non a caso la piccola ma importantissima Panama sta valutando l’ingresso, al momento nell’Accordo è presente quale Paese Osservatore.
Da parte sua Felipe Calderón,Presidente messicano, rivendica che questo consenso è quello dei Paesi che “credono nella libertà, nella democrazia, nei diritti umani, nella giustizia”, assestando una sferzante stoccata a Paesi come il Venezuela,la Bolivia o l’Ecuador, pur non menzionandoli.
L’unico a tenere bassi i toni è stato il Presidente cileno Sebastián Piñera che vede in questo accordo una volontà di integrazione, e espressione della fiducia tra i Paesi che lo compongono.

Sono Garcia e Calderón che sottolineano la vera importanza di questo accordo: questo nuovo blocco commerciale sarà in grado di attrarre l’attenzione del mercato asiatico, e soprattutto dalla Cina e dall’India, Paesi che sistanno affermando sempre più nel subcontinente, e che sono, Cina in primo luogo, essenziali nel futuro economico dell’alleato americano.

Cina e India sono molto attratte da petrolio (cresce il numero delle imprese cinesi che operano Sudamerica nel settore petrolifero), dai minerali (ferro,zinco,rame,ecc.) e da alcuni materie alimentari quali soia e farina di pesce.
La Cina in America Latina ha lanciato quella che viene definita una ‘offensiva’ per le materie prime, oramai da 10 anni a questa parte.
Gli analisti parlano di “inarrestabile crescita economica cinese in America Latina” e di un ruolo “fondamentale negli ultimi anni per la crescita di Brasile, Argentina, Cile e Perù” sfondando il dominio degli Stati Uniti, che non sono più il principale partner commerciale di Brasile e Cile, la Cina ha soppiantato in questo ruolo gli States, mentre è divenuta il più grande investitore diretto in Brasile, è ha accresciuto gli investimenti in Cile, Perù e Venezuela. Il Cile il paese con la più alta percentuale di esportazioni verso la Cina, il 18%, seguito da Perù, 14,7%, Brasile e Argentina con il 13%. Il commercio tra la Cina e l’America Latina nel 2010 ha raggiunto quota 240.000 milioni di dollari, mentre gli investimenti cinesi in Argentina, Brasile, Perù, Cile e Messico ammontano a 30.000 milioni di dollari. Gli analisti sostengono che la Cina si è imposta “come una fonte alternativa di finanziamento per lo sviluppo dei paesi latino americani in settori quali le infrastrutture e l’energia”, sostituendo i prestiti che l’area era costretta invocare sul FMI e sulla Banca mondiale, “ha aiutato i Paesi in difficoltà, aumentando la sua sfera di influenza”. In Argentina ha prestato i fondi necessari per rinnovare il sistema ferroviario a Buenos Aires, in Brasile ha fornito un finanziamento per 10. 000 milioni di dollari alla compagnia petrolifera Petrobras, per nuovi investimenti a nord del Paese, e ha sostenuto, con 1.200 milioni di euro, la compagnia Vale, il primo produttore mondiale di ferro. In Venezuela la Cina ha dato un prestito di 20.000 milioni di dollari per finanziare 19 progetti di sviluppo, e firmato un centinaio di accordi in tutti i settori dell’economia, mentre gli acquisti di petrolio venezuelano aumenteranno e nel corso di questo 2011 raggiungeranno 600 mila barili al giorno. Il Perù ha ricevuto investimenti per oltre 1.500 milioni di dollari. La Colombia, con l’arrivo del Presidente Juan Manuel Santos, nella seconda metà del 2010, ha visto crescere il commercio con la Cina del 500%, e ha annunciato colloqui con la Cina per costruire una linea ferroviaria che collega l’Atlantico al Pacifico, come possibile alternativa al Canale di Panama che aumenterebbe i flussi commerciali con l’Asia.

Le analisi, i numeri, i grafici parlano chiaro: sia nell’andamento degli ultimi anni, sia nelle proiezioni.
I paesi sudamericani si stanno organizzando e sembrano essere molto aggressivi nei confronti del mercato asiatico, pur continuando a tenere sotto controllo quello statunitense.
In questo quadro, l’Unione Europea arranca: non riesce a rafforzarsi neanche sul Mercosur, incapace di trovare una strada per gli accordi, figurarsi reggere la sfida di pensare di passare dai Trattati di Libero scambio agli ‘accordi commerciali integrali e per lo sviluppo’ che Paesi come l’Ecuador, e non solo, stanno proponendo alla UE come percorso ineludibile. Oswaldo Rosales,direttore dell’International Trade Trade Division Division ECLAC, già nel 2008 riteneva che l’Europa fosse la vera sconfitta in Sudamerica.

Parzialmente sconfitti dall’Accordo del Pacifico, i Paesi sudamericani rimasti per il momento fuori, come l’Ecuador, che secondo alcuni analisti potrebbe pagare lo scotto di una politica sbagliata che ha già compromesso anche i rapporti commerciali. Le imprese ecuadoriane infatti sembrano essere sul piede di guerra, e l’Ecuador, come Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama, potrebbero presto decidere di entrare. Per i Paesi ALBA e vicini a ALBA, il problema è tutto politico, fuor di dubbio la convenienza economica.