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mercoledì 11 maggio 2011

visnoviz.org | Politica, costume, società, informatica e altri fatti personali e non…

visnoviz.org | Politica, costume, società, informatica e altri fatti personali e non…: "DALLO YUPPISMO AL PRECARIATO

Da anni il pano­rama eco­no­mico e sociale in Ita­lia è cam­biato. Un tempo si guar­dava al com­mer­ciante o all’artigiano come ad un for­tu­nato, un pri­vi­le­giato che poteva acce­dere a delle ric­chezze pre­cluse ai con­dan­nati al red­dito fisso. Oggi è vero il con­tra­rio, è il dipen­dente pub­blico ad essere invi­diato, iper tute­lato, dallo sti­pen­dio garan­tito. In verità il desi­de­rio del posto sta­bile c’è sem­pre stato, ma negli anni ’80/’90 era un mito riser­vato più ai geni­tori che ai figli. I primi vede­vano nella mode­sta tran­quil­lità impie­ga­ti­zia sta­tale o para-statale la sere­nità di aver “siste­mato” il figlio; i secondi — anche allora mino­ranza, sia chiaro — sogna­vano con bal­danza gio­va­nile di farsi strada da soli in un mondo che offriva loro i miti dello yup­pi­smo e dei gua­da­gni facili. Sem­brava bastasse un po’ di for­tuna, d’incoscienza e d’intelligenza. Ma a vent’anni tutti si sen­tono belli e intel­li­genti, for­tu­nati ed immortali.

La new wave — rivin­cita tecno-pop alla meteora punk nichi­li­sta — imper­ver­sava; la let­te­ra­tura era easy, mini­ma­li­sta, non alla Heming­way per inten­derci, ma di quel mini­ma­li­smo per­meato dal vuoto pneu­ma­tico di idee e valori che subiva con disa­gio una vita opu­lenta alla “Less than zero” di Bret Easton Ellis. Appunto, meno di zero. Forse quei segnali di smar­ri­mento avreb­bero dovuto già met­terci in allarme. Subito dopo i pro­fondi signi­fi­cati filo­so­fici e spi­ri­tuali clas­sici, fati­cosi da far san­gui­nare il cer­vello, ver­ranno super­fi­cial­mente rumi­nati in un mel­ting pot indi­stinto per essere rispu­tati in una forma com­mer­ciale di spi­ri­tua­lità per le masse che univa ufo­lo­gia e cri­stia­ne­simo, indui­smo e scia­ma­ne­simo casta­ne­diano. Si dava alle stampe “La pro­fe­zia di Cele­stino” — forse il più inu­tile libro della sto­ria — e nasceva la New Age, morbo non ancora del tutto estinto.

Siamo (anche) figli di quel tempo, di una società che non sapendo affron­tare la com­ples­sità dei pro­blemi li ha sem­pli­fi­cati, illu­den­dosi così di aver esor­ciz­zato le pro­prie paure e ina­de­gua­tezze. Ma almeno in quell’epoca un sogno, per quanto sgan­ghe­rato fosse, c’era. Chi non tro­vava lavoro dive­niva impren­di­tore di sé stesso, scom­met­tendo sulla sua inco­scienza e sulla sue ancora pre­sunte capacità.

Oggi non rimane nem­meno quello. Lo Stato ha distrutto la micro impresa e gli arti­giani, sosti­tuen­doli con uno sta­bile, incan­cre­nito pre­ca­riato. Ottu­sa­mente si è cer­cato di far fronte ai bassi costi della mano­do­pera indo-cinese creando una classe di lavo­ra­tori sot­to­pa­gati e sot­to­tu­te­lati, iper-titolati (per iner­zia e assenza di pro­spet­tive con­crete), ma sotto uti­liz­zati. Gli impren­di­tori di sé stessi non esi­stono più, anni­chi­liti e spa­ven­tati da norme e gabelle. Uccisi sogni, spe­ranze, intraprendenza.

Lo Stato, che mai si è com­por­tato da alleato, è diven­tato oggi il primo nemico della libera ini­zia­tiva. Il sistema fiscale attra­verso il brac­cio armato di Equi­ta­lia — giu­sti­fi­cata figlia di una sub-cultura di sini­stra che per anni ha descritto ogni par­tita Iva, ogni arti­giano, ogni pic­colo com­mer­ciante come un ladro — agi­sce da sce­riffo di Not­tin­gham ed ha pro­dotto una invo­lu­zione deva­stante. Oggi si lavora meno per­ché più ci si agita, più ci si dà da fare, più sal­gono i costi e più si diventa visi­bili. L’unica pos­si­bi­lità di sal­vezza è quella di non farsi notare, di pas­sare inos­ser­vati, quindi di fat­tu­rare poco, muo­versi il minimo, con­su­mare meno del neces­sa­rio. Lavo­rare meno non per lavo­rare tutti, ma come estremo e dispe­rato ten­ta­tivo di sopravvivenza.

Invece di sgom­be­rare osta­coli e creare infra­strut­ture, que­sto Stato ha inve­stito in con­trolli fiscali sem­pre più raf­fi­nati e com­plessi che si sono river­sati sul pic­colo impren­di­tore, schiac­cian­dolo con com­pli­cati adem­pi­menti, sot­traen­do­gli tempo pre­zioso alla sua atti­vità pro­dut­tiva.
L’ “intel­li­genza delle mani”, la spe­cia­liz­za­zione, l’arte e la genia­lità sono state sosti­tuite dall’uniformazione dell’individuo e dei suoi com­piti; ogni lavo­ra­tore non ha più pecu­lia­rità alcuna se non quella d’essere facil­mente sosti­tui­bile, meno neces­sa­rio di un dépliant in un cen­tro commerciale.

Gli astrusi gio­chi della finanza, le ban­che, le basi­lee hanno spinto i fat­tu­rati e non il mar­gine, creando i pre­sup­po­sti per dub­bie alchi­mie come le trian­go­la­zioni sul valore aggiunto ed ora, fal­lito tutto ciò, sco­perto fosse solo fumo, non ci rimane nem­meno l’unico rifu­gio di ogni crisi: il pro­dotto e chi è capace di crearlo.