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sabato 7 maggio 2011

Osama bin Laden e il terrorismo come scusa per la crisi - Lettera43

Osama bin Laden e il terrorismo come scusa per la crisi - Lettera43:

“Forse senza Osama bin Laden e i suoi attentati del 2001 non ci sarebbe stata la crisi finanziaria del 2007-2008. Probabilmente, sarebbe arrivata più tardi, e sarebbe stata meno virulenta”. Iniziava così l’editoriale di Mario Margiocco pubblicato 2 giorni fa su questo quotidiano e intitolato Così lo sceicco generò la crisi Usa.
LA RECESSIONE E LA NEW ECONOMY. Margiocco è una delle migliori firme di Lettera43.it, e anche in questo caso non si smentisce, offrendo dati di grande interesse sull’impennata delle spese militari post-11 settembre. Ma per una volta mi trovo a dissentire dalla sua tesi di partenza. No, senza Osama la crisi non sarebbe arrivata più tardi: sarebbe arrivata prima. Anzi, la crisi c’era già. Gli Stati Uniti erano infatti in recessione già dal marzo 2001, anche a motivo dello scoppio della bolla speculativa della new economy.
La “scusa bin Laden”

La crisi non era un fatto soltanto americano. Proprio il giorno prima dell'attentato la Banca dei regolamenti internazionali aveva pubblicato il rapporto relativo al secondo trimestre del 2001. Da esso emergeva un «colpo di freno dell'economia mondiale», segnalato dal chiaro «rallentamento della domanda di prestiti per nuovi investimenti».
I RECORD NEGATIVI DELLA PRODUZIONE. Negli Usa, però, la situazione era particolarmente seria. I dati relativi alla produzione americana nel mese di agosto avevano battuto due record negativi: l’andamento peggiore della produzione industriale americana dal 1960 (undicesimo calo consecutivo), e il tasso di utilizzo degli impianti, tornato ai minimi del 1983 (tra le industrie manifatturiere la capacità produttiva inutilizzata era ormai superiore al 25% del totale).
I PROFITTI DELLE IMPRESE. Ancora: i profitti delle 500 imprese dell'indice Standard & Poor's nel secondo trimestre 2001 avevano segnato un calo medio del 60%, e si trovavano secondo l’Economist «al livello più basso da mezzo secolo a questa parte». Insomma: una crisi seria. Con l'aggravante di essere sincronizzata tra le principali economie mondiali, che evidenziavano tutte un eccesso di capacità produttiva «al suo livello massimo dagli anni Trenta» (the Economist, «How far down?», 20 ottobre 2001).
CRISI E IL RIFUGIO NELL'ATTENTATO. Con l'11 settembre entra in gioco la 'scusa bin Laden'. La definizione irriguardosa è dell'Economist del 13 ottobre 2001, che la spiega così: «Le imprese stanno già citando gli attacchi terroristici come motivo per far saltare fusioni, tagliare posti di lavoro e abbandonare nuovi progetti di investimento».
In altri termini, una crisi già in atto viene addebitata all'attentato. Lester Thurow lo ammise francamente: «Il 99.8% dell'attuale crisi economica era già in corso, anche se ora tutti danno la colpa al terrorismo» (Il Sole 24 ore, 24 ottobre 2001).
LE TRIVELLAZIONI IN ALASKA. Secondo un copione non nuovo, vengono subito sollecitati iniziative e contributi pubblici alle imprese, spesso anche per settori che con l'attentato hanno ben poco a che fare. Dall'accelerazione sui negoziati per un’area interamericana di libero scambio alla ripresa delle trivellazioni petrolifere in Alaska, dal taglio delle tasse alle imprese al progetto di 'scudo stellare' (di cui proprio l'attentato aveva dimostrato l'inutilità): tutto viene proposto come «il modo migliore per rispondere all'11 settembre».



*Vladimiro Giacché è presidente del consiglio di amministrazione di News 3.0



Giovedì, 05 Maggio 2011