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venerdì 6 maggio 2011

Paga in nero? Il lavoratore deve comunque dichiarare al fisco i compensi - Il Sole 24 ORE

Paga in nero? Il lavoratore deve comunque dichiarare al fisco i compensi - Il Sole 24 ORE:

Il lavoratore che viene pagato 'al nero' deve comunque dichiarare al fisco i compensi percepiti, in quanto l'inosservanza dell'obbligo di dichiarazione da parte della società datrice di lavoro (sostituto) non assorbe anche ogni altro obbligo del lavoratore (sostituito). A stabilire questo principio è stata la Cassazione con la sentenza numero 9867 depositata ieri, 5 maggio 2011.

Una contribuente ha impugnato un avviso di accertamento Irpef con il quale il competente ufficio della agenzia delle Entrate aveva recuperato a tassazione i redditi erogati, e non dichiarati, da una società. I pagamenti effettuati 'al nero' dalla società risultavano dalle ricevute della lavoratrice, rinvenute e acquisite in occasione di una verifica fiscale effettuata a carico della stessa società.
documenti

Sia la Commissione tributaria provinciale che quella regionale avevano dato ragione alla contribuente, in quanto per i giudici di merito non risultava che datore di lavoro e lavoratore avessero stretto un accordo per non dichiarare gli emolumenti in questione. In più la lavoratrice non era obbligata a controllare le scritture contabili del datore di lavoro e quindi non poteva sapere che la società non aveva operato le ritenute alla fonte. In ogni caso, per i giudici di merito, la ricorrente aveva agito in buona fede, ritenendo di non dovere presentare la dichiarazione dei redditi derivanti dal suo unico rapporto di lavoro.

Avverso questa decisione l'Agenzia ha proposto appello, ritenendo che in presenza di pagamenti 'al nero' sussiste in capo alla contribuente/lavoratrice l'obbligo di dichiarare al fisco tali pagamenti. Né tantomeno, per l'amministrazione finanziaria, era valida la conclusione formulata dalla Commissione regionale, per la quale la contribuente era esonerata da ogni obbligo fiscale per il solo fatto che vi era l'obbligo primario del sostituto.

Per i giudici di legittimità la conclusione cui era giunta la Commissione tribitaria regionale è del tutto errata, e per questo è stato accolto il ricorso dell'agenzia delle Entrate.

In particolare la Cassazione ha ritenuto di non doversi discostare da un precedente orientamento giurisprudenziale, in base al quale in caso di mancato versamento della ritenuta d'acconto da parte del datore di lavoro, il soggetto obbligato al pagamento del tributo è comunque anche il lavoratore contribuente. E infatti, in presenza dell'obbligo di effettuare la ritenuta di acconto (diretta in sé ad agevolare non solo la riscossione ma anche l'accertamento degli obblighi del percettore del reddito), l'intervento del 'sostituto' lascia inalterata la posizione del 'sostituito', il quale è specificamente gravato dall'obbligo di dichiarare i redditi assoggettati a ritenuta, poichè essi concorrono a formare la base imponibile sulla quale, secondo il criterio di progressività, sarà calcolata l'imposta dovuta, detraendosi da essa la ritenuta subita come anticipazione di prelievo. Per questi motivi la Corte ha ritenuto che, quando la ritenuta non sia stata operata su emolumenti che pur costituiscono componente di reddito, alla omissione il percettore dovrà ovviare, dichiarando i relativi proventi e calcolando l'imposta imponibile alla cui formazione quei proventi hanno concorso.